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Condanna a morte dal tribunale islamico dell’Iran per il dissidente Ramin Hossin Panahi

maggio 3, 2018 • Articoli, Medio Oriente, z in evidenza

 

di Loredana Biffo –

Ramin Hossein Panahi è stato arrestato con l’accusa di ribellione contro il regime islamico, la corte Rivoluzionaria di Sanadaj lo ha condannato a morte e la sentenza è stata annunciata alla famiglia e all’avvocato. Arrestato dalle Guardie Rivoluzionarieche dopo averlo colpito lo hanno prelevato da svenuto nel giugno 2017 e trasferito alla prigione di Sanadaj il 9 gennaio 2018 dopo 200 giorni di isolamento.

E’ ora in attesa della fine della quarantena della prigione di Sanandaj per l’esecuzione. E’  stato condannato a morte nei tribunali del regime con l’accusa di “agire contro la sicurezza nazionale e l’appartenenza a Komala (un’organizzazione curda iraniana)”.

Nonostante gli sforzi internazionali per fermare questa punizione criminale, la Corte suprema dell’Iran ha confermato la sua condanna a morte. Il fratello di Ramin è stato condannato a otto anni e mezzo di prigione.

La Resistenza iraniana chiede a tutta la popolazione, specialmente alla gioventù curda, di protestare contro la condanna a morte di Ramin Hossein Panahi e invita tutte le istituzioni internazionali per i diritti umani, in particolare l’Alto commissario per i diritti umani e il Relatore speciale extragiudiziale, sommario o arbitrario esecuzioni, per agire per salvargli la vita di Panahi.

Ramin verrà giustiziato con l’accusa di ribellione nonostante non sia mai stato coinvolto in una disputa armata. In base all’articolo 287 del codice penale islamico, coloro che usano un’arma contro la Repubblica Islamica possono essere condannati a morte.

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