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Ricordando Fassbinder, regista, attore e sceneggiatore ribelle

giugno 3, 2022 • Paralleli, z in evidenza

di Roberto Zadik –

Paradossalmente la Germania, nonostante la sua vicinanza geografica con l’Italia, è per certi versi ancora una terra lontana e sconosciuta soprattutto a livello culturale e cinematografico.

Cosa avrebbero prodotto Hollywood o Cinecittà senza l’influenza  di autori come Fritz Lang, Ernst Lubitsch o Murnau  ed il cinema in generale senza il pregio e l’importanza di Francia e Germania, che  hanno praticamente “inventato” il cinema?

Fra gli autori più originali, spiazzanti e a tratti sconvolgenti per la vena dolente e dissacrante di alcuni suoi film e la precocità e la prolificità del suo talento, il regista attore e sceneggiatore Rainer Werner Fassbinder, scomparso a soli 37 anni, il 10 giugno 1982 intossicato da un’overdose di cocaina.

Il cineasta tedesco dall’ ingegno sferzante e inarrestabile, in soli 13 anni, ha realizzato oltre 40 film, divorato dalla sua creatività geniale e febbrile così come dalla vena autodistruttiva  e dai suoi vizi, come alcol e droghe, ed è diventato un simbolo di lucidità ed eccesso come pochi altri autori. Diversi elementi e peculiarità artistiche e caratteriali l’hanno reso unico ma non sempre apprezzato dai contemporanei, spesso osteggiato e criticato  e perfino censurato per gli argomenti dei suoi film.

Bavarese, figlio di un medico, fu un “self made genius” del cinema, un autodidatta coraggioso ma anche manipolatore e rigido con i suoi attori che non permetteva a nessuno,  come sottolinea il sito dw.com, “di intromettersi nei suoi progetti, perché voleva fare quello che voleva”.

Come altri giganti del cinema al pari di Chaplin, Woody Allen o Hitchcock, egli scrisse e diresse i suoi film, impresa per nulla facile, cimentandosi anche nel ruolo di attore, di autore teatrale e di mutevole e irrequieto vagabondo fra le arti.

Il suo cinema era impegnato e impegnativo, scomodo e disturbante agli occhi dei borghesi benpensanti di ogni epoca e luogo; si occupò delle ferite post belliche della sua Germania e di tematiche delicate e spesso spinose.  Fra queste,  l’ immigrazione, tema dello splendido “La paura mangia l’anima”, che narra la storia fra una donna tedesca e un immigrato marocchino e le infedeltà di coppia come ne” Il Matrimonio di Maria Braun”, che narra di una donna leale ed al tempo stesso libertina, che attendendo di sposarsi con un soldato, ha due storie, una di queste con un militare afroamericano.

Uno dei capolavori del regista è sicuramente il suo ultimo e sofferente film “Querelle de Brest” che, realizzato poco prima di morire per overdose, fa trasparire la sua omosessualità, filtrata dall’intreccio amoroso fra i due protagonisti Seblon ed il marinaio Querelle in un dramma a tinte forti, tratto dall’opera omonima del carismatico drammaturgo francese Jean Genet.

Molto intenso e trasgressivo il lungometraggio “Un anno con 13 lune” del 1978,  che narra le vicessitudini di un transessuale, interpretato da Volker Spengler, argomento che Fassbinder, ben prima del cineasta spagnolo Almodovar, porta sul grande schermo.

Autore fortemente introspettivo e intimista, Fassbinder rivelò una precoce sensibilità estetica e psicologica, mista ad un ironico distacco da qualsiasi presa di posizione ideologica, un’ autentica rarità in un epoca, gli anni ’70,  fortemente politicizzata e violenta,  che la regista Von Trotta definì “Anni di piombo”.

Attratto dallo studio delle relazioni umane, dai sentimenti di sopraffazione e di debolezza che le costellano, accusato di essere un personaggio ambiguo, dominatore ed incline alla manipolazione, come ricorda un bell’articolo uscito nel 2017 sul sito di “The Guardian”, egli ha lavorato strenuamente tutta la sua breve vita dedicandosi incessantemente al cinema, fin dal 1966 quando aveva solo 21 anni con i primi cortometraggi.

Avvalendosi di bravi attori come Hannna Schygulla, con cui ebbe un rapporto estremamente profondo, Fassbinder continuo’ a dirigere, scrivere, progettare, reinventarsi continuamente passando con estrema disinvoltura e talento dal cinema, al teatro alla televisione. Versatile ed enigmatico, curioso e intuitivo egli venne spesso descritto come infaticabile lavoratore, timido e protettivo  ma anche rabbioso ed estremamente esigente

. Esponente di punta del cinema tedesco, questo autore andrebbe riscoperto e rivalutato e lo stesso vale per tutti quei grandi personaggi esclusi dal cinema di massa, dall’esistenzialista Wim Wenders e il suo straordinario “Il cielo sopra Berlino”, al duro e realista Uli Edel autore di un cult come “Noi ragazzi dello zoo di Berlino”, fino alla realista e impetuosa Margarethe Von Trotta o all’appassionante Volker Schlondorff.

Nessuno di questi registi ha, comunque, mai avuto la forza espressiva di Rainer Werner Fassbinder, che guardava il mondo col suo sguardo sornione tanto cupo quanto straordinariamente brillante e attuale.

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