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L’umorismo è una cosa seria

novembre 30, 2022 • Paralleli, z in evidenza

Roberto Zadik
Fin da tempi remoti  esistono i tipi seri e  severi e quelli invece spiritosi che, secondo forze misteriose, riescono a scatenare risate e divertimento. La forza dell’umorismo ha, da sempre, stimolato riflessioni ed ipotesi da cosa nasca lo “spirito” o la cosiddetta “vis comica”, ancora oggi argomento fascinoso ma oscuro. La battuta pero’ non ha sempre vita facile e molto dipende dal suo contenuto, se divertente ed arguto oppure vuoto e scontato, se fine o volgare , se comico o semplicemente sarcastico e dal contesto nazionale e sociale del Paese in cui si scherza. Sicuramente ci sono popoli e società, come la nostra Italia, dove spesso essere simpatici e’ un grande vantaggio anche se bisogna sempre stare attenti a dove si scherza e con chi. Ci sono poi vari tipi di umorismo e vediamo quali. A cominciare da quello dissacrante, sarcastico e spesso teatrale nei modi, tipico dell’avanspettacolo, alla Walter Chiari, alla Gigi Proietti, alla Ugo Tognazzi a quello della satira popolare ed immediata di una certa commedia mordace e spregiudicata alla Monicelli e alla Germi, da “Il Federale” a “Amici miei” o alla Dino Risi nei suoi film più spensierati. L’umorismo è però un fenomeno talmente versatile e interessante da assumere varie vesti e tipologie, tanto che il grande drammaturgo siciliano Pirandello dedicò a questo argomento uno dei suoi saggi più arguti “L’umorismo”, definito “sentimento del contrario” per la capacità di ridere anche di situazioni tragiche, correndo però sempre il rischio del cattivo gusto e dell’offesa; basti pensare a certe vignette che possono assai più indignare che divertire. Tuttavia esiste, oltre alla satira ed alla battuta tagliente alla Woody Allen, anche una comicità fanciullesca e senza pretese tipicamente americana ma anche italiana; basti pensare alle commedie “sempliciotte” ed a volte divertenti, con Lino Banfi , Andrea Roncato e Gigi Sammarchi o Checco Zalone ed il frizzante trio Aldo, Giovanni e Giacomo ed ai vari film fracassoni americani, di genere “spensierato” e prevedibile, con Adam Sandler o Ben Stiller.Vi è anche la comicità di genere demenziale, tipica del mondo anglosassone di grandi comici, spesso di religione ebraica, da Mel Brooks a Peter Sellers, che più che a prendersela con l’esterno, come spesso fa la satira alla Benigni, è invece estremamente autoironica e mischia insicurezze e complessi dei suoi protagonisti al desiderio di sdrammatizzare prendendosi in giro. E poi c’è la satira politica, che ormai sembra passata di moda, che punta a sbeffeggiare il potere dominante nelle dittature,  ed è la prima ad essere repressa totalmente visto che, irridendo chi domina in quel momento, aiuta a accettare la situazione relativizzando con l’umorismo, le  imitazioni e le vignette un pericoloso “mostro” come il fanatismo ideologico. Ultimo fra i tipi e le provenienze dell’umorismo è sicuramente la comicità alla francese, arguta e al tempo stesso leggera, tipica di grandi comici come Louis De Funes, dei film del regista Francis Veber, splendido “La cena dei cretini” e di Jacques Tati, così come dei fulminanti monologhi del comico ebreo marocchino naturalizzato francese Gad Elmaleh. Ridere è fondamentale eppure troppa gente è seriosa, eccessivamente moralista e rigida ed altra invece ferisce senza divertire, perché scherzare è materia spinosa e divertire senza offendere e sorridere senza deridere spesso impresa più che ardua. Ma come mai ridere è così importante? Perché come diceva il grande Chaplin, così in bilico fra satira e dolente autoironia e maestro per le discendenze di comici e attori registi che lo hanno seguito, “un giorno senza sorriso è un giorno perso” e  saper alleggerire il grigiore di tante situazioni e personaggi è davvero una medicina che, come unica ricetta, ha quella della risata, della battuta, del paradosso e dell’esagerazione che deriva da quel misto fra spirito d’osservazione, ipersensibilità e fantasia traboccante. Questo è tipico dei grandi umoristi, da Oscar Wilde, a Mark Twain, da Pirandello a Massimo Troisi. In queste brevi riflessioni e in tale  mini diluvio di pensieri ho voluto valorizzare la straordinaria e spesso sottovalutata “arte della risata” con cui spesso nei casi migliori si possono almeno per pochi attimi  cercare di superare la sofferenza delle difficoltà e oltrepassare la  noia della routine e i rischi del fanatismo.
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