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L’Italia è una repubblica teocratica

febbraio 22, 2016 • Articoli, Cultura e Società, z in evidenza

diritto-canonico

 

di Loredana Biffo

Diritti civili, Vaticano e le regole sulle fonti del diritto.
Ricorrevano pochi giorni orsono, due anniversari importanti per la storia italiana: il rogo di Giordano Bruno e la partenza dell’inchiesta di Tangentopoli. Casualmente due date cruciali collimano con il teatrino parlamentare sul Ddl Cirinnà.

E’ evidente che c’è una mancata volontà politica di risolvere la vecchia e ritrita questione dei diritti civili, mentre in altri paesi si è giunti ad approvare il matrimonio tra persone dello stesso sesso e la conseguente possibilità di adottare, in Italia uno scatto di dignità, di progresso non è possibile perché siamo in pugno ad un potere clericale che detta le regole da sempre. E questa sceneggiata pietosa dei grillini “coscienziosi”, degli alfanini timorati di Dio, dei Giovanardi deliranti, di Renzi che “fa la parte” dello scandalizzato e del progressista, e tutti i chierichetti seduti in parlamento, c’è una questione che è datata 2009, ma di cui nessuno parla. Ma andiamo con ordine, facciamo un punto della situazione.

I Patti Lateranensi, firmati l’11 febbraio 1929 da Mussolini e dal cardinal Pietro Gasparri, determinarono un cambiamento profondo nei rapporti tra Chiesa e Stato in Italia, nella percezione del ruolo pubblico del cattolicesimo, oltreché naturalmente nello status giuridico della Santa Sede.

I Patti constavano di tre parti: un trattato internazionale, un concordato e una convenzione economica. Il trattato internazionale metteva fine alla questione romana, apertasi nel settembre del 1870, e garantiva alla Santa Sede la restituzione di una sovranità statuale, sia pure ridotta agli angusti confini dell’attuale Città del Vaticano.
La questione si presentava diversa per ciò che concerneva il concordato e la convenzione economica. Con il primo lo Stato italiano abbandonava la natura laica, che aveva ereditato dal Risorgimento, e le prerogative d’impronta giurisdizionalista garantite dalla Legge delle Guarentigie, avvallando una presenza pubblica del cattolicesimo sempre più visibile, divenendo onnipresente negli anni dei governi centristi e di quello che vu definito “regime clericale”.
Il concordato tra Stato e Chiesa è diventato un modello a tutti i successivi interventi di politica ecclesiastica, tanto che, in anni a noi più recenti, lo Stato italiano avrebbe esteso il “modello concordatario” anche nei confronti delle altre confessioni religiose organizzate: fatto che appare evidente considerando la natura di “piccoli concordati” che mantengono le intese via via realizzate, a cominciare da quella, pionieristica, con la Chiesa valdese del 1984, avvenuta in singolare contemporaneità con la revisione del concordato.

Questo punto è molto rilevante, perché il risultato è stato che, mentre si sono sviluppati innumerevoli accordi con le singole confessioni, manca a tutt’oggi in Italia una legge generale sulla libertà religiosa e alcune questioni sono ancora demandate all’arcaica legge sui culti ammessi del 1929, per altro provvidenzialmente svuotata da buona parte del suo impianto originario da una lunga serie di sentenze della Corte costituzionale.
Qui ed ora, data l’attualità drammatica che si sta vivendo nella lesione profonda dei diritti dei singoli e del concetto di eguaglianza, è fondamentale parlare di quanto è successo nel 2009 Quando lo Stato della Città del Vaticano, ha non a caso, voluto ridefinire le proprie regole sulle “fonti del diritto” ovvero sulle norme che costituiscono il suo ordinamento giuridico. Analogamente la Costituzione italiana vede nel sistema di produzione del diritto l’esercizio di un potere sui destinatari delle regole. Ricordiamo che un potere, degno di obbedienza, necessita che le regole siano prescritte da un potere riconosciuto e accettato, ovvero – nell’accezione weberiana – deve essere un “potere legittimo”.
La definizione “fonte del diritto”, sta a indicare quella che è l’origine del diritto, fonte – come l’acqua che scorre – diritto che scorre; il diritto inteso come strumento con cui le forze prevalgono nel conflitto e lo risolvono in conformità ai propri interessi e alle proprie concezioni politiche. Sono atti che contengono norme giuridiche. La Costituzione ha distribuito il potere di produrre diritto anche a soggetti esterni allo stato perché è ispirata ad un principio democratico, autonomistico e internazionalistico.
I punti di forza sono nella separazione tra il diritto e le religioni, e la separazione tra diritto, morali e ideologie politiche. Appare evidente quanto possa essere problematica l’invasione di forze esterne nelle questioni dello Stato, che in quanto tale deve garantire a tutti i soggetti uguali condizioni, soprattutto in società complesse come quelle moderne e fortemente spaccate nelle quali ci troviamo a vivere, spesso dilaniate da conflitti etnici e religiosi.
Abbiamo detto che le fonti, sono delle regole sulla produzione del diritto e di produzione del diritto. Si basano su un ferreo principio gerarchico, il quale prevede che le “fonti di produzione” non possono contraddire le loro fonti sulla produzione perché sono da esse individuate e disciplinate.
Ora, come sappiamo anche lo Stato del Vaticano ha le sue fonti del diritto, ed è proprio su queste che ha voluto ridefinire le proprie regole, con un’operazione di grande rilievo giuridico e applicativo, che è entrato in vigore nel 2009 nel silenzio totale dei media e della politica, che ha permesso ad uno Stato altro di modificare le regole per avere un potere di veto, non la tanto citata “indebita ingerenza vaticana” di cui spesso si parla, ma un vero e proprio un “previo recepimento da parte ecclesiastica, di ogni singola legge dello Stato italiano”.
Prima i rapporti tra i due Stati si fondavano sul “principio della recezione automatica” che prevedeva l’applicabilità delle norme italiane nell’ordinamento vaticano, e che veniva rifiutata solo eccezionalmente per motivi di incompatibilità con le leggi fondamentali dell’ordinamento canonico (divorzio e aborto). Si è passati da un regime “eccezionale”, ad uno “ordinario” e non selettivo. Se prima valeva il silenzio, ora si deve attendere la parola; l’obiettivo della Chiesa era di “non rinunciare al suo ruolo di testimonianza unica nel concerto del diritto comparato e nella riflessione sul fenomeno giuridico universale”.
Non si tratta dunque solo dell’Italia, è una questione mondiale; si ha la pretesa di fare dei principi della Chiesa il criterio universalmente unico di legittimazione di qualsiasi norma e forma di regolazione giuridica; lo si è visto dalle aspre critiche del precedente pontefice nei confronti delle Nazioni Unite e dei documenti giuridici da esse proposti o approvati.

Sostanzialmente questo è il fondamento teocratico che vige nelle regole della Repubblica Islamica dell’Iran, dove il Consiglio dei Guardiani ha potere sul legislativo e sull’esecutivo e anche sulla magistratura.
Secondo la visione ecclesiastica che ha portato alla revisione del proprio sistema delle fonti, sarebbero troppe le leggi italiane in contrasto con i principi non rinunziabili da parte della chiesa. Una legislazione civile giudicata “poco compatibile con l’auspicabile ideale tomista di una lex rationis ordinatio, che come tutte le operazioni dell’intelletto, cerca di per sé l’immutabilità dei concetti e dei valori”.
La gravità di tale considerazione, sta nel fatto che un idea religiosa ed etica della società, prende il sopravvento in un momento in cui il sistema delle fonti, sta vedendo un mutamento per dare risposte adeguate ad una realtà mutevole in una società dove si intrecciano diverse visioni religiose e non meno una visione laica. In realtà le norme sono sempre state molto compiacenti, abbiamo avuto molti cedimenti alle pretese vaticane; con la concessione a questi della riforma delle fonti del diritto, si è dato il colpo di grazia alla libertà di determinazione del Parlamento italiano.

Il risultato é: il mondo è grande, la volontà di dominio anche, ma l’Italia è l’eccellenza da cui partire nel sottoporre la società ad un “monitoraggio etico”, che (nessuno lo dice) è accompagnato da una sanzione: ogni singola legge non sarà approvato dall’ordinamento canonico tutte le volte che il legislatore italiano sarà colto in flagrante peccato di violazione dei “principi non rinunciabili da parte della Chiesa”.
Si potrebbe contestare che uno Stato sovrano debba potersi sottrarre alle logiche altrui, ma la debole politica italiana, inficiata da un numero di parlamentari cattolici non di poco conto, vede una entrata nel proprio ordinamento da parte vaticana, molto devastante. Questo ha reso l’Italia un paese confessionale, il senso dello Stato è andato perduto, è stata riconsegnata al passato, perché ha rinunciato all’unico filtro ammissibile, ovvero quello della conformità alla Costituzione, vero principio irrinunciabile in democrazia.

Il perduto senso dello Stato, lo si evince dal drammatico scontro politico sul Ddl Cirinnà, sull’obiezione di coscienza, divisioni immorali su materie che riguardano i diritti e l’eguaglianza dei cittadini, quei diritti che si sta tentanto – con un certo successo – di revocare in dubbio.
Chiediamoci se la religione possa svolgere un compito di unificazione identitaria nell’attuale situazione pluralistica della società, in realtà si presenta come un fattore di divisione, perché nella tradizione cristiana, come in quella islamica, le differenze non sono contemplate.
E’ stato quindi un grave errore quello di consentire nel 2009 questo colpo di mano clericale che è stato fatto apparire come una questione giuridica interna alla Chiesa, e che in realtà è stata una manovra finalizzata ad incidere pesantemente sullo Stato italiano, che da molto tempo è subalterno e lo è diventato totalmente, visto che si è dato alla Chiesa il potere di affondare le leggi.

In una società sempre più multietnica, multiculturale, e multireligiosa, il metodo laico è l’unico che può garantire la libertà di sostenere argomentazioni di tutti e di vederle tutelate. Implica che i vari attori rinuncino ad applicare alla sfera pubblica e politica i propri principi religiosi ed etici “assoluti e non negoziabili” in quanto sarebbe fonte di conflitto con i valori religiosi ed etici altrui, peggio se imposti a tutti in forza di legge.
C’è da giurarci che il Ddl Cirinnà verrà stravolto, e si approverà una legge zoppa che non tutelerà i diritti di tutti i cittadini, che continueranno ad essere di serie A e di serie B; in particolare peserà la questione dei figli dei partner conviventi. Allora lo si dica chiaramente una volta per tutte che si vuole fare dell’Italia uno Stato teocratico, dove la religione decide come dobbiamo vivere.

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