Iran, Raisi e il proseguimento della politica del terrore
Pezzo originale in lingua inglese: https://www.ncr-iran.org/en/blog/op-ed/iran-raisi-and-the-continuation-of-the-terror-policy/
Di Loredana Biffo
La recente elezione di Ebrahim Raisi come presidente del regime iraniano, implica una serie di conseguenze non solo per il popolo vessato da oltre 40 anni di dittatura, ma anche per la comunità internazionale e la diffusione del terrorismo in Europa e Medio Oriente, vediamo quali sono gli aspetti più inquietanti del suo potere politico.
La priorità di Raisi è stata quella di inserire nel suo governo membri già coinvolti in attività terroristiche e di repressione nei confronti del popolo. I personaggi in questione sono:
Mohammad Mokhber, nel 2016, era stato inserito dagli USA nella lista nera a causa del suo finanziamento a progetti di repressione e sequestro dei beni di dissidenti del regime degli ayatollah; oltre ad essere a capo i un’istituzione nota come EIKO (Esecuzione dell’Ordine dell’Imam Khomeini di cui egli è responsabile dal 2007.
Mohammad Eslami, responsabile del programma nucleare per il Pakistan insieme a Abdul Qadir Khan, sanzionato dall’ONU tramite la risoluzione 1803, risultava essere sostenitore delle attività di arricchimento nucleare del regime e sistemi di lancio di armi nucleari. Oggi sovrintende tutte le attività di arricchimento dell’uranio che sono ormai arrivate al 60% du purezza fissile, importante livello tecnico per la realizzazione dell’arma atomica.
Ahmad Vahidi, che ha avuto un ruolo chiave nell’attentato dinamitardo del 1994 a Buenos Aires presso un centro comunitario israeliano, dove persero la vita 85 persone; nonché responsabile della famigerata Forza Quds che ha come membri tutti soggetti implicati negli attentati internazionali.
E’ evidente la pericolosità dell’inadeguatezza delle politiche occidentali nei confronti del regime iraniano che grazie alla politica della “compliance” si sente autorizzato ad intensificare le attività nucleari falsamente presentate come necessità civile, mentre in realtà sono atte al perseguimento del nucleare bellico e della diffusione del terrorismo internazionale; esempio ne è stato il mancato attentato del 2018 a Villepente Parigi ai danni del meeting internazionale della Resistenza, dove presenziavano svariate personalità del mondo politico internazionale, dell’informazione e numerosissimi dissidenti iraniani residenti nei vari paesi, attentato che portò all’arresto del diplomatico terrorista affiliato al regime dal nome di Assadollah Hassadi e tre complici, tutti condannati a 20 anni.
Da non dimenticare il grande massacro del 1988 dove furono uccisi ben 30.000 dissidenti del regime; il neo presidente Raisi a quell’epoca era stato il mandante, era infatti uno dei più importanti funzionari della “Commissione della morte” con sede a Teheran e sovrintendeva le esecuzioni nelle carceri di Evin e Gohardasht. Inoltre sono numerosi gli omicidi ai danni di dissidenti residenti all’estero; è proprio di questi giorni la notizia che la Procura della Repubblica del Cantone di Vaux ha dimostrato che l’eliminazione degli oppositori era in atto in diversi paesi europei fin dagli omicidi compiuti tra il 1987 e il 1993 ad Amburgo, Vienna, Ginevra, Londra, Dubai e Parigi. E’ stato proprio il tribunale federale svizzero a ordinare le indagini (e ad abolire la prescrizione) sull’omicidio del dottor Kazem Rajavi (rappresentante del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana), avvenuto a Ginevra nel 1990; dichiarando che :
“dagli elementi accertati durante le indagini risulta che l’esecuzione di Kazem Rajavi, attivista del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana, allora sotto la tutela dell’asilo politico in Svizzera dal 1981, era già stata decisa e ordinata nel 1982 o 1983 da Fallahian, ministro dell’Intelligence e degli Affari di Sicurezza della Repubblica Islamica dell’Iran e incaricato di dirigere l’esecuzione degli oppositori del regime. Ai fini della pianificazione del delitto in questione, commandos iraniani si recarono in Svizzera tre volte tra l’ottobre 1989 e l’aprile 1990. Durante l’ultimo viaggio, il commando costituito e composto da tredici persone con passaporto di servizio iraniano recante la menzione “in missione” sorvegliò la vittima per diversi giorni prima di agire il 24 aprile 1990. Tesero un’imboscata non lontano da casa sua con due veicoli, i cui occupanti aprirono il fuoco con una pistola mitragliatrice da 9 mm”.
Questa escalation di violenze interne ed esterne all’Iran e la corsa al nucleare dovrebbe preoccupare e attivare la comunità internazionale, che invece sembra proseguire con l’accondiscendenza nei confronti del regime clericale oggi governato da un personaggio di spicco e responsabile dei peggiori crimini dalla nascita della dittatura Khomeinista.
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