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Quando i musulmani abiurano la fede

agosto 13, 2020 • Articoli, Mondo, Uncategorized, z in evidenza

di Daniel Pipes –

In Occidente, le conversioni che riguardano l’Islam sembrano essere una strada a senso unico a suo favore. Tra i celebri nuovi credenti spiccano Kareem Abdul-Jabbar, Muhammad Ali, Malcolm X, Keith Ellison e Sinéad O’Connor, oltre a flirt stravaganti come quello del Principe Carlo, di Michael Jackson e di Lindsay Lohan. Inoltre, ci sono circa 700 mila convertiti afro-americani e i loro discendenti.

In realtà, però, è una strada a doppio senso.  In effetti, coloro che sono musulmani di nascita e abiurano l’Islam hanno un maggiore impatto rispetto ai convertiti all’Islam.

Per cominciare, alcuni numeri: in Francia, circa 15 mila musulmani si convertono ogni anno al Cristianesimo, secondo una stima del 2007. Sono circa 100 mila i musulmani americani che abiurano annualmente l’Islam, come emerge da un sondaggio condotto dal Pew Research Center nel 2017. Ciò corrisponde al 24 per cento di tutti i musulmani degli Stati Uniti, con gli iraniani rappresentati in modo sproporzionato. Queste cifre controbilanciano grosso modo quelle dei non musulmani che si convertono all’Islam.

I motivi per abbandonare l’Islam sono diversi: il Pew Research Center rileva che il 25 per cento degli ex musulmani ha problemi generali con la religione; il 19 per cento con l’Islam in particolare; il 16 per cento preferisce un’altra religione e il 14 per cento adduce motivazioni di crescita personale. Poco più della metà di chi abiura (55 per cento) abbandona del tutto la religione e poco meno di un quarto (22 per cento) si converte al Cristianesimo.

Gli apostati sfidano l’Islam in tre modi principali: abiurano pubblicamente, si organizzano con altri ex musulmani e rifiutano il messaggio islamico.

In primo luogo, abiurare apertamente è un atto radicale che può portare all’esecuzione capitale in un Paese a maggioranza musulmana come l’Iran. Anche in Occidente, questa scelta incontra il rifiuto da parte delle famiglie, ostracismo sociale, umiliazioni, maledizioni, minacce, rappresaglie e attacchi violenti. Di conseguenza, l’apostasia dall’Islam tende ad essere cauta o nascosta, come nel caso dello scrittore britannico Salman Rushdie e della pop-star Zayn Malik. L’ex presidente dell’Argentina Carlos Menem ha minimizzato la sua apostasia; Barack Obama ha negato con cura la propria.

Tuttavia, alcuni convertiti considerano importante l’abiura pubblica, incoraggiando altri a seguire il loro esempio. Ibn Warraq è l’autore del libro Why I Am Not a Muslim (Perché non sono un musulmano). Nonie Darwish e Ayaan Hirsi Ali hanno scritto dei libri su come sono diventate “infedeli”. Il giornalista Magdi Allam si è convertito e ha ricevuto il sacramento del battesimo per mano Papa Benedetto XVI in una cerimonia ampiamente mediatica.

In secondo luogo, gli ex musulmani che vivono in Occidente fanno qualcosa di inconcepibile nei Paesi a maggioranza musulmana: a partire dal Consiglio centrale tedesco degli ex musulmani (Zentralrat der Ex-Muslime) nel 2007, hanno formato decine di organizzazioni di ex musulmani per offrire sostegno reciproco, lucidare argomentazioni, sollevare questioni spinose (come le  mutilazioni genitali femminili)  e combattere l’islamismo. 

In terzo luogo, gli ex musulmani in Occidente hanno acquisito un’incredibile influenza nelle comunità musulmane tradizionali con i loro libri, attraverso la radio, la televisione, i messaggi e-mail, i siti web e i social media. Quasi impunemente, diffondono messaggi intelligenti in arabo e in altre lingue principali. Alcuni di loro (come Wafa Sultan, Zineb El-Rhazoui e Hamed Abdel-Samad) focalizzano l’attenzione sull’obiettivo di stigmatizzare l’Islam, altri aiutano gli atei a fuggire in Occidente. I convertiti al Cristianesimo (come Fratello Rachid) spesso si lanciano in dibattiti religiosi o (come Sohrab Ahmari) spiegano i loro viaggi spirituali.

Convertendosi, formando organizzazioni e facendo proselitismo: in questo modo, gli ex musulmani in Occidente inviano onde d’urto soprattutto ai loro Paesi d’origine, dove l’Islam è storicamente tutelato dalle usanze e dalla legge da qualsiasi critica o perfino paradosso; e dove la repressione e le punizioni rendono illegali le idee anti-islamiche. Le autorità preoccupate vietano il proselitismo cristiano e censurano le voci degli ex musulmani. Collegano anche questo movimento a  una “cospirazione sionista”, sebbene tali sforzi tendano ad essere tanto inefficaci quanto stereotipati.

Una toccante lettera anonima arrivata da Karachi, in Pakistan, all’Observer, al culmine dell’affaire dei Versi satanici nel 1989, mostra l’ispirazione del messaggio di un ex musulmano. L’autore della missiva replicava all’appello lanciato dall’ayatollah Khomeini a uccidere Salman Rushdie perché lo scrittore nel suo libro era stato irrispettoso nei confronti di Maometto:

La mia è una voce che non ha ancora trovato espressione nelle colonne dei giornali. È la voce di chi è musulmano di nascita, ma desidera abiurare in età adulta, e non gli è consentito farlo, pena la morte. Chi non vive in una società islamica non può immaginare le sanzioni, sia autoinflitte sia esterne, che impediscono l’espressione dell’incredulità religiosa. (…) Poi, arriva Rushdie e parla a nome nostro. Dice al mondo che esistiamo, che non siamo semplicemente una mera invenzione di qualche cospirazione ebraica. Rushdie pone fine al nostro isolamento.

Con passione e con autorevolezza unica, gli ex musulmani spingono i credenti a pensare in modo critico alla loro fede religiosa. I loro sforzi hanno contribuito in modo sostanziale a un generale declino della religiosità ora cospicuamente in atto fra i musulmani, soprattutto tra i giovani. Come ben sintetizza l’Economist, da un recente sondaggio condotto da Arab Barometer, un istituto di rilevamento del mondo arabo, emerge che “molti [musulmani arabofoni] pare stiano abbandonando l’Islam”.

In tal modo, gli ex musulmani sfacciatamente ostinati sfidano la loro religione di nascita, contribuendo sia a modernizzarla sia a ridurne la presa. Il loro ruolo è appena iniziato.

Traduzione di Angelita La Spada – www.danielpipes.org

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