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Contagio rosso

luglio 30, 2020 • Articoli, Io Leggo, Uncategorized

di Nathan Greppi –

Quando, nell’aprile 2020, Alessandro Di Battista scrisse sul Fatto Quotidiano che “la Cina vincerà la Terza guerra mondiale,” non era solo una delle tante sparate tipiche dei grillini. Le sue parole rientrano in un filone di pensiero che ha radici profonde in Italia, per cui i nemici dell’Occidente in generale e degli USA in particolare vengono celebrati a prescindere: ieri i sovietici, oggi i cinesi. Questo è uno dei principali temi che stanno alla base di Contagio Rosso, raccolta di 12 saggi scritti da altrettanti autori curata dall’analista Francesco Galietti, e pubblicata a giugno dai marchi Historica e Giubilei Regnani.

I primi 3 saggi mettono sul banco degli imputati non tanto la Cina, quanto quegli italiani che, spinti da ideologie antioccidentali o dal profitto economico, elogiano il gigante asiatico per la sua capacità di uscire dalla pandemia e accettano tutti i suoi “doni” senza pensare alla conseguenze: in particolare, viene fatta un’analisi storica che spiega come in Italia siano sempre esistite correnti di pensiero, soprattutto a sinistra ma in parte anche a destra, ostili al liberalismo di matrice anglosassone tanto da appoggiare senza se e senza ma ieri il regime di Mao Tse-tung, e oggi quello di Xi Jinping. Il risultato è che nel nostro paese, in seguito agli aiuti giunti dalla Cina nel pieno della pandemia, l’indice di gradimento nei confronti del dragone è salito notevolmente, tanto che secondo un sondaggio dell’istituto SWG il 36% degli italiani pensa che per allargare le alleanze al di fuori dell’Europa si dovrebbe guardare di più alla Cina, contro il 30% per gli Stati Uniti. Inoltre, tra coloro che votano i partiti nell’attuale governo, i filocinesi salgono al 50%.

Nel libro non mancano critiche nemmeno alla Chiesa Cattolica, che piegandosi al volere di Pechino sulla nomina dei vescovi gli ha permesso di divincolarsi dalle critiche sulle persecuzioni antireligiose nel paese. Basti pensare alle persecuzioni dei musulmani uiguri, internati in campi di concentramento e soggetti a sterilizzazioni forzate, che però ricevono raramente la stessa attenzione riservata ai musulmani che si lamentano per l’islamofobia (o presunta tale) presente in Europa.

Nella seconda parte del libro vengono illustrati i vari progetti che la Cina sta portando avanti da molti anni per estendere la sua egemonia in particolare nel continente africano: in Libia ha cercato di sostituirsi all’ONU come risolutore della guerra civile, mentre nell’Africa sub-sahariana non sono pochi i paesi dove ha fatto investimenti ben più mirati di quelli dei paesi europei, ma che a differenza di questi ultimi non chiedono in cambio miglioramenti dei diritti umani o nella tutela dell’ambiente. Una sorta di colonialismo, quello cinese, sul quale gli antimperialisti nostrani sembrano tacere, troppo occupati a rimproverare i paesi occidentali.

In conclusione, è chiaro che l’Italia rischia di ritrovarsi in una posizione pericolosa non solo per colpa dei suoi governanti, ma anche a causa di una mentalità che la porta a fare due pesi e due misure tra i difetti del capitalismo occidentale e quelli del “capitalismo di stato” cinese (tra l’altro, “capitalismo di stato” è la definizione data del comunismo nel romanzo Sottomissione di Michel Houellebecq). In un recente editoriale sul Huffington Post, l’ex-deputato Gianni Vernetti si chiedeva se l’Italia fosse ancora un paese occidentale. Leggendo questo libro, viene da chiedersi se lo è mai stato.

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