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Iran, prigioniere politiche nel Carcere Di Qarchak

agosto 5, 2019 • Articoli, Mondo, z in evidenza

 

di Loredana Biffo –

L’avvertimento inequivocabile del capo della Corte rivoluzionaria di Teheran, Mousa Ghazanfarabadi: “In base alla legge, i contenuti che mirano a una cooperazione con Stati ostili sono proibiti”, ha dichiarato.

Fotografarsi senza velo è infatti considerato un gesto vicino alla cultura ostile dei paesi occidentali. Anche il generale Hossein Salami, comandante delle Guardie della rivoluzione islamica, ha ribadito il pieno supporto alla polizia.

 

In riferimento ai sempre più numerosi arresti di giovani donne che si ribellano all’imposizione del velo, e delle prigioniere politiche che sono vittime delle aggressioni e torture nel carcere di Qarchak a Varaim, il Comitato delle Donne del Consiglio Nazionale della resistenza iraniana, chiede l’intervento delle istituzioni e delle donne di tutto il mondo, di condannare le drammatiche condizioni in cui versano i prigionieri politici – in particolare le donne – nelle carceri del regime degli ayatollah e avanzare un’istanza di rilascio.

 

In data 29 luglio2019 quattro prigioniere sono state brutalmente picchiate e torturate dalle guardie e dai dipendenti dell’infermeria, una delle vittime si trova in fin di vita.

Precedenti rapporti, risalenti al 6 ed al 12 Luglio, contengono anch’essi riferimenti al pestaggio di prigionieri politici nelle carceri ad opera di pericolosi criminali.

Il pestaggio dei prigionieri politici per mano di comuni criminali incitati dalle autorità e dalle guardie è diventato uno strumento largamente usato dal fascismo religioso al potere per fare pressioni sui prigionieri politici. Il 10 Giugno 2019, nel Grande Penitenziario di Teheran, conosciuto anche come “Fashafuyeh”, il prigioniero politico 21enne Shir Ali Mohammadi è stato giustiziato per mano di comuni criminali.

La Sig.ra Maryam Rajavi, Presidente eletta del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana, ha ripetutamente sollecitato le istituzioni internazionali per la difesa dei diritti umani ad inviare una delegazione investigativa internazionale che ispezioni le carceri iraniane e visiti i prigionieri politici.

Una grande ondata di manifestazioni si è scatenata nel dicembre 2017 dopo il gesto di Vida Movahedi, che a marzo 2018 è stata condannata a un anno di carcere per aver sventolato il velo in pubblico. In seguito, all’inizio del 2018 circa trenta donne sono state arrestate per essersi scoperto il capo.

Questi trattamenti vengono riservati ai prigionieri politici da anni, oggi grazie al lavoro e alla perseveranza della Resistenza, si riescono ad avere alcune notizie, ma da 40 anni nelle famigerate carcere del regime le persone vengono torturate e uccise, o lasciate morire di stenti. Questo è il metodo “riformista” di Rouhani e dei suoi predecessori, che hanno la pretesa di ottenere il nucleare, e sostenere che ne farebbero un uso civile. Ricordiamo che il presidente Rouhani ha più volte dichiarato che la questione dei diritti umani in Iran, non è cosa che riguardi l’occidente.

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