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Report sull’incontro a Tirana dei dissidenti iraniani

luglio 17, 2019 • Articoli, Mondo, z in evidenza

Campo Ashraf 3

 di Loredana Biffo – 

Il grande raduno internazionale della Resistenza iraniana, quest’anno si è tenuto  dal 12 al 14 luglio a Tirana, dove ha sede Campo Ashraf 3, sede dell’Organizzazione dei Mojahedin dell’Iran., dove vivono 3000 dissidenti. Numerose personalità hanno presenziato all’evento: Rudy Giuliani,Stephen Harpe, Pandeli Majko, Ingrid Bentacourt, Antonio Tasso, Frderick Azzopardi e molti altri, tra cui legislatori, deputati ambasciatori, giornalisti e funzionari, suddivisi in delegazioni rappresentanti i vari paesi. Mariam Rajavy ha dichiarato: ” Noi iraniani non vogliamo un accordo con i leader corrotti, il regime non è riformabile, durante il periodo di Camp Ashrah 1, Ashraf 2 e Camp Liberty, ha massacrato i dissidenti combattenti, ha torturato madri davanti ai figli. Trentamila persone sono state uccise, non è mai venuto meno ai suoi impegni nel terrorismo internazionale. Non c’è una sola città dell’Iran che non sia macchiata del sangue dei mujahedin del popolo. Le coraggiose donne della Resistenza non hanno mai smesso di combattere, e non smetteranno fino a che l’Iran non sarà liberato dalla dittatura clericale. Oggi a Camp Ashraf 3 in Albania, ribadiamo forte che vogliamo un Iran libero e democratico”.

Mariam Rajavy

Cresce sempre più la tensione tra l’Iran ed il resto del mondo. Durante le scorse settimane molto è stato detto sull’Iran, la politica da adottare nei suoi confronti e l’eventualità di una guerra.i Di seguito i punti chiave su questi temi.

Le verità indiscusse sul regime dei mullah

 Il regime iraniano ha giustiziato decine di migliaia dei suoi oppositori politici e detiene il più orribile dei primati per la violazione dei diritti umani. Esso continua a reprimere il suo stesso popolo, negandogli i suoi più basilari diritti, e dando la priorità all’autorità religiosa invece che alle libertà universali.

Il regime iraniano è impegnato in attività terroristiche in Europa ed in tutto il mondo e supporta i suoi affiliati terroristi nella regione. Uno dei diplomatici del regime è risultato essere direttamente coinvolto nel complotto terroristico ai danni del Raduno per un Iran Libero del Giugno 2018: fu proprio il diplomatico in questione a consegnare personalmente il materiale esplosivo agli agenti, affinché essi lo collocassero nel salone dove si sarebbe tenuta la conferenza. Il terrorista si trova tuttora in carcere in Belgio, in attesa di essere processato.

Il regime iraniano è impegnato in attività criminali in tutto il Medio Oriente: esso supportò il regime di Assad in Siria nelle uccisioni di massa ai danni del popolo siriano, sostiene tuttora gli Houthi in Yemen e finanzia diversi gruppi paramilitari sovranazionali in Iraq, Siria, Libano, Afghanistan ed in altri paesi della regione. Il regime usa la sua estesa rete di gruppi paramilitari, che addestra, equipaggia, ed a cui versa mensilmente gli stipendi in prima persona, come uno strumento per indebolire le istituzioni statali e nazionali dei paesi ospitanti, in modo da poter controllare l’equilibrio politico e militare della regione.

Delegazione italiana

Relativamente al programma nucleare, il regime iraniano ha mentito alla comunità internazionale. Esso ha fatto tutto il possibile per tenere segreto il programma, soprattutto la sua parte militare, più specificatamente la Pmd. Questo a prescindere da ciò che si può pensare del PACG.

Nelle ultime settimane, anche secondo quanto detto da alcuni paesi europei, il regime iraniano si è reso responsabile di attacchi ai danni di diverse petroliere nel mare di Oman.

Il regime iraniano ha ammesso di aver attaccato un drone statunitense. Sebbene esso sostenga che l’episodio sia avvenuto nello spazio aereo iraniano, secondo quanto dichiarato dagli Stati Uniti e da altri paesi, tra cui Francia e Germania, l’attacco avrebbe avuto luogo in acque internazionali.

Da ormai troppo tempo, almeno dalla morte di Khomeini nel 1989, si discute in Occidente circa l’esistenza di una fazione moderata interna al regime. In diverse occasioni si è sostenuto che il regime iraniano fosse sul punto di, o che sarebbe stato possibile convincerlo a, modificare la propria condotta. Rafsanjani fu descritto come il pragmatista che avrebbe cambiato il comportamento del regime; Khatami venne presentato come il moderato che avrebbe posto fine alle attività criminali del regime e che avrebbe riportato l’Iran nella famiglia delle nazioni; Rouhani fu definito un volto relativamente moderato, pronto al compromesso ed alla cooperazione con la comunità internazionale. Nei 30 anni successivi alla morte di Khomeini, i cosiddetti moderati sono stati in carica per ben 22. Se ci fosse stata anche solo una minima intenzione di moderarsi, o se il regime ne avesse avuto la capacità, 22 anni sarebbero stati un periodo di tempo più che sufficiente per farlo.

In sintesi, è innegabile che la politica di accondiscendenza abbia fallito: ha rafforzato il regime e si è dimostrata controproducente. Il regime è incapace di riformarsi. Le mancate volontà e capacità di riformarsi mettono il regime in conflitto con la nazione iraniana, che sta chiedendo a gran voce un cambiamento, inascoltata ma incessante, sempre più impaziente ed ormai furente. Da troppo tempo ormai il regime governa in Iran con la forza, favorito dall’accondiscendenza internazionale. Eppure il cambio di rotta nell’arena internazionale in direzione di una politica più ferma, ripetutamente invocato dalla Resistenza Iraniana, sta aiutando l’opposizione democratica ed il popolo iraniano a rivendicare il loro diritto ad una repubblica pluralista, in pace con il mondo, e che contribuisca ad uno sviluppo costruttivo nella regione.

L’attuale crisi e la soluzione ad essa

È tempo che la comunità internazionale ed i governi democratici si schierino dalla parte del popolo iraniano e del suo desiderio di cambiamento.

Come Maryam Rajavi, Presidente eletta del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana, ha detto in diverse occasioni, portare un cambiamento in Iran, e specificamente un cambio di regime, è compito del popolo e della resistenza iraniani. Nessuno chiede ad un paese esterno di cambiare il regime. Ciò che il popolo iraniano si aspetta è che il mondo riconosca il suo diritto ad un cambio di regime, che prenda le sue parti e non da quelle del regime clericale, che isoli il regime e sostenga un cambio di regime e l’instaurazione di una repubblica democratica e pluralista, basata sul programma in 10 punti della Sig.ra Maryam Rajavi.

Il principio secondo cui la comunità internazionale dovrebbe, o fare concessioni al regime, o scatenare una guerra, è una falsa dicotomia. Concessioni a questo regime significano di fatto accondiscendenza, per la semplice ragione che i mullah non chiedono altro che l’accettazione del loro sanguinario governo. Cos’è che il regime chiede alle altre nazioni di rispettare? Esso presenta l’inaccettabile richiesta di acconsentire alla schiavitù del popolo iraniano e degli altri popoli della regione, affinché restino nella presa mortale del fascismo religioso. Esso chiede che si rispetti l’espansione della sua interpretazione delle leggi della Sharia a tutte le nazioni. Con questo regime, continuare con la politica passata significa, nel modo più assoluto, essere destinati al fallimento.

Una ferma politica di isolamento, sanzioni, condanne, restrizioni e contenimento del regime non equivale a fare la guerra. Una politica di questo tipo priverebbe il regime delle sue fonti di finanziamento straniere che gli permettono di diffondere il terrore e la sua influenza criminale sia all’interno che al di fuori dei suoi confini, e darebbe al popolo iraniano una buona possibilità sconfiggere il brutale governo dittatoriale del regime per perseguire i suoi inalienabili diritti.

Non ignorare le violazioni dei diritti umani in corso in Iran né la repressione del popolo iraniano.

Non ignorare l’uso che il regime iraniano fa del terrorismo ai danni della sua opposizione e nella regione, per perseguire i propri interessi.

Ritenere il regime dei mullah responsabile del suo comportamento distruttivo e porre fine all’ingannevole divisione tra moderati e intransigenti all’interno del regime. Non esiste alcuna moderazione nel regime teocratico dei mullah, solo falsi moderati deliberatamente riconosciuto come alibi per perpetuare un’ossessione occidentale che alimenta la politica di accondiscendenza.

La soluzione per l’attuale crisi è semplicemente una politica ferma contro il regime, nel riconoscere il diritto del popolo iraniano ad un cambio di regime e per stagliarsi al fianco del popolo iraniano nella sua ricerca di libertà e democrazia.

Essere fermi contro il regime significa:

Insistere su indagini internazionali che facciano luce sulle violazioni dei diritti umani in Iran;

Evitare qualsiasi negoziato con il regime che possa dare riconoscimento al suo perverso governo e legittimare la società anti-democratica e anti-umana;

Condannare, denunciare e indignarsi per tutti gli atti di repressione del regime in Iran e la malvagia influenza all’estero.

Riconoscere il diritto del popolo iraniano a cambiare regime significa:

A. Sostenere il piano dei dieci punti della signora Rajavi come alternativa;
Sostenere la legittimità della resistenza alla tirannia, in particolare al dittatore religioso in Iran e riconoscere che è il diritto inalienabile e intrinseco del popolo di scegliere e cambiare il proprio governo e se tale governo nega loro vie legittime e pacifiche per farlo, ma incombe su tutti i cittadini amanti della libertà che si ribellano contro la sua terribile egemonia.

Situazione interna e prospettive di cambiamento in Iran proteste continue

Dal giugno 2018 al giugno 2019, ci sono state continue proteste popolari e rivolte in 556 città, complessi industriali e distretti d’affari.

In questo periodo, ci sono stati 1.354 proteste dei lavoratori in 146 città, complessi industriali e distretti d’affari.

Una serie di scioperi importanti da giugno 2018 a giugno 2019 sono stati i seguenti:

4 round di scioperi a livello nazionale da parte di camionisti in 323 città;
3 round di scioperi su scala nazionale e vasta da parte di accademici in 104 città e 348 centri educativi.
Vasto sciopero dei mercanti dei Bazaar in 12 province dell’Iran.
Sciopero di 38 giorni, raduno e marcia dei lavoratori del National Steel Industrial Group (INSIG) in segno di protesta per salari e benefit non pagati.
Sciopero di 28 giorni, raduno e marcia degli operai della fabbrica di zucchero di canna Haft Tappeh a Shush, nel sud dell’Iran, in segno di protesta contro la privatizzazione della compagnia, e non ricevendo stipendi e sussidi per mesi.
Sciopero e raduno di ferrovieri in 35 città per protesta per salari e sussidi non corrisposti da mesi.
Lo sciopero e la raccolta dei lavoratori municipali in 60 città in segno di protesta per salari e benefit non pagati per mesi.

La situazione socio-economica in Iran

L’ufficio del capo supremo (Khamenei) e il suo principale gruppo beneficiario il Corpo dei Guardiani della rivoluzione ( Pasdaran ) gestiscono essenzialmente l’economia dell’Iran. Operano attraverso centinaia di società e partecipate finanziarie e commerciali. Controllano anche quasi tutti i porti del paese e quindi detengono il monopolio delle importazioni e delle esportazioni e dei dazi doganali.

 Il tasso di inflazione è attualmente superiore al 50%.

· La soglia di povertà per una persona è di quasi 230 dollari al mese, mentre la paga media per il lavoro è di $ 154. In molti casi, anche questo stipendio rimane non retribuito per mesi.

· Secondo l’agenzia ufficiale ISNA: 20 milioni di giovani sotto i 30 anni sono disoccupati in Iran.

· Grandi e vecchie industrie in Iran nei settori del tessile, del legno, degli elettrodomestici, dello zucchero e dei prodotti farmaceutici – alcune con 80 anni di esperienza lavorativa – sono state completamente chiuse a causa di debiti e bancarotta.

. Al fine di ridurre le pressioni finanziarie dovute alla povertà e di essere in grado di pagare una parte del loro costo della vita, le persone in Iran hanno fatto ricorso alla vendita dei loro organi, inclusi reni, fegato, plasma, midollo osseo e cornea. Nel 2018, il prezzo di mercato libero per un rene ha raggiunto 50 milioni di toman ($ 3.800).

· A Teheran, le persone vendono il loro plasma sanguigno per 30.000 toman ($ 2,5) e il loro fegato per 320.000.000 di toman ($ 2400).

· L’anno scorso il ministro degli Interni ha ammesso che in alcune città il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 60%.

· Le vere ragioni dell’attuale situazione sono la corruzione ai più alti livelli del regime, l’assegnazione di ingenti somme di denaro per via dell’ingerenza del regime in altri paesi e infine l’incompetenza dei mullah.

 Unità di resistenza

Il MEK ( Mojahedin del Popolo )  ha sviluppato le sue “Unità di Resistenza” nell’ultimo anno. Le unità sono ora presenti in tutto il paese. Hanno incrementato le loro attività, tra cui incendiare cartelloni raffiguranti Khamenei e Rouhani nelle trafficate arterie di Teheran e in altre città, e distruggendo simboli di regime come Bassij e centri dei Passdaran. Il regime è molto preoccupato che queste attività incoraggeranno l’opinione pubblica a sollevarsi ulteriormente contro il regime.

Mahmoud Alavi, ministro del MOIS ( delle informazione e sicurezza ), ha ammesso il 19 aprile 2019 che il regime aveva arrestato 116 Unità di Resistenza dei Mojahedin nell’ultimo anno. Questo è un chiaro riconoscimento del progresso e delle attività delle Unità di Resistenza.

Un rapporto del MOIS nella provincia orientale dell’Azerbaigian, il 22 aprile 2019, ha dichiarato che le attività dei Mojahedin del Popolo ( MEK ) nella provincia sono aumentate nel periodo compreso tra marzo 2018 e marzo 2019. Il rapporto afferma: “Il MEK ha sfruttato i problemi economici e sociali per sviluppare la sua  attività l’anno scorso. Circa 60 persone associate al gruppo sono state arrestate e più di altre 50 sono state identificate e avvertite “.

Fars News Agency, affiliata all’IRGC ( Passdaran ), ha riferito il 5 agosto 2018: “Durante la rivolta del gennaio 2018, il PMOI ha identificato opportunità e capacità all’interno del paese e ha ordinato operazioni formali da lanciare attraverso le Unita’ di Resistenza, composte da 2 a 5 Membri MEK. ”

Sito web statale di Baharestaneh – 28 agosto 2018: “Oggi il Mojahedin si è infiltrato in tutti i settori sociali e li sta dirigendo, compresi camionisti, commercianti di bazar, insegnanti e lavoratori”.

Sito Web statale di Baharestaneh – 28 agosto 2018: “Il Mojahedin ha formato gruppi chiamati” Unità di Resistenza “che hanno il potere di replicare e il potenziale e la capacità di sostituire i loro leader sul campo”.

Ghasemi, un comandante dei Passdaran – 7 agosto 2018: “Abbiamo un problema, ovvero il PMOI, dobbiamo stare attenti a non trascurarlo, si sono infiltrati in alcune organizzazioni e nei ranghi dei passdaran.

Consigli popolari

Il Mojahedin del popolo ha anche organizzato “consigli popolari” che sono stati molto attivi in tutte le città in Iran, informando e assistendo il pubblico sui modi per resistere al regime. Mentre i membri delle Unità della Resistenza appartengono alle generazioni più giovani, i membri dei consigli popolari sono persone di tutte le età e settori della popolazione che prendono parte a determinate attività sociali.

I consigli del popolo dei Mojahedin hanno raccolto assistenza materiale donata in vari quartieri e trasportata in camion e distribuita nelle aree colpite. La gente si lamentava amaramente che il governo non aveva fatto nulla per aiutarli a incontrare i membri del consiglio con un caloroso benvenuto.

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