Elizabeth I, “la plus fine femme du monde”
Redazione –
Il 15 gennaio 1559 Elisabetta I venne incoronata regina di Inghilterra. Iniziò con lei la cosiddetta “età elisabettiana”, un lungo periodo segnato da una fioritura economica (iniziò allora la colonizzazione dell’America del nord) e culturale (William Shakespeare, Christopher Marlowe e Francesco Bacone vissero in quell’epoca).
Fu denominata “la plus fine femme du monde”, in realtà era una donna di temperamento, incuteva soggezione a coloro che la circondavano, andò al potere in maniera repentina e fiera, lei e lei sola era la sovrana. Assumeva in prima persona tutte le decisioni nonostante pretendesse che i consiglieri la informassero di tutto per tempo e pretendesse molto dai collaboratori.
Non ebbe mai intenzione di cedere la sua autorità ad un uomo o lasciar governare i consiglieri in sua vece, determinata a impugnare saldamente la barra del comando e a giocare quel ruolo mettendo in atto tutte le finezze dell’inganno e della dissimulazione che aveva ben imparato vedendo governare Maria Tudor prima di lei, quando la sua sopravvivenza dipendeva proprio dalla capacità di mentire.
Elizabeth come suo padre Enrico VIII era ben determinata e attenta ad impedire che i suoi consiglieri facessero fronte comune contro di lei, li solleticava sulle ambizioni personali e sulle rivalità che inevitabilmente sorgevano a dividerli. Aveva un istinto politico fortissimo, atto a contrapporre una fazione all’altra ottenendo la conoscenza profonda del carattere e delle tendenze di ognuno di loro. Misurava il valore di ciascuno, ne calcolava punti di forza e punti deboli, servendosene per tenerli sotto controllo e traendo il massimo beneficio da tattiche che sconcertavano tutti, anche il fidato consigliere Cecil.
Aveva un temperamento imperioso e volubile, era considerata molto attraente ma con un piglio virile, la sua bellezza non passava certo in secondo piano, così come il fatto che fosse reticente al matrimonio. Era pericolosamente imprevedibile nei suoi umori, i suoi collaboratori sapevano bene che con lei niente era mai come sembrava, dietro emozioni apparenti vi erano reazioni calcolate e secondarie, e amava tendere trappole agli incauti ministri per poi coglierli in fallo, spesso usando le loro stesse parole, tanto che anche i più scaltri che avessero avuto l’ardire di soggiogarla o ingannarla, rimanevano ammutoliti e impacciati in sua presenza. Non c’era uomo che non subisse il suo fascino ammaliante, la sua femminilità e il suo magnetismo sessuale.
Nonostante i primi tempi di governo avesse una scarsa esperienza, seppe recuperare alcune difficoltà ed errori iniziali con grande velocità, imparò presto l’arte di governo con la forte personalità che non le mancava, era estroversa e magistralmente sicura di sé. Disinibita e libertaria quanto lo era stato suo padre, l’esatto contrario della compostezza e riservatezza che lo spirito del tempo si aspettava da una nobildonna; impartiva ordini e andava per la sua strada in modo risoluto esattamente come suo padre. Lei si aspettava di essere obbedita, e lo era.
Tra le tante complicazioni del suo lungo tempo di reggenza dovette affrontare quella più spinosa – la questione religiosa. I protestanti erano un’infima minoranza in Inghilterra nel 1559 e molti erano concentrati a Londra. Erano tempi in cui la rabbia protestante contro la Chiesa di Maria erano evidenti, vetrate degli edifici sacri venivano frantumate, altari rovesciati, crocifissi con i volti sfregiati.
In questa situazione di ribollimenti religiosi e politici Elizabeth diede sfoggio della sua maestria dell’intrigo; mise un proprio ambasciatore a Roma conservando la liturgia della messa nella cappella privata e procrastinando la riforma religiosa in Parlamento, eludendo la scomunica papale e facendo nel contempo credere a Enrico II in Francia e a Filippo in Spagna che l’Inghilterra attendesse a braccia aperte il loro corteggiamento. Distraendo quindi spagnoli e Francesi continuò ad adunare uomini e a fare incetta di materiale bellico, raccimolò denaro ovunque non pagando nulla e spendendo molto poco.
Aveva puntato sulla pace ma all’ultimo momento la domenica delle Palme il 18 marzo giunse la notizia che i suoi negoziatori su continente erano arrivati a un’intesa per porre fine alle ostilità. A pace fatta si accelerarono i ritmi della’azione parlamentare in materia religiosa e lei volle promulgare l’Act of Supremacy e l’Act of Uniformity, con cui la regina diventava capo della Chiesa d’Inghilterra. Partecipare alla messa diventò un reato punibile con la reclusione, che si tramutava in ergastolo se questo si ripeteva tre volte.
Fu la sua tenacia di combattente e guerriera che sconfisse l’armata di Filippo di Spagna e in quel contesto lei pronunciò la famosa frase “se i cattolici ci invaderanno, l’Inghilterra vivrà nell’oscurantismo e non avrà mai il progresso”.
nell’ottobre del 1587 si presentò al cospetto del suo esercito dicendo. “so di possedere il corpo debole e fragile di una donna, ma ho il cuore e lo stomaco di un re, e di un re d’Inghilterra per giunta, e provo ribrezzo al pensiero che Parma o la Spagna, o qualsiasi principe d’Europa osi invadere i confini del mio regno; in una tale eventualità piuttosto che essere cagione di disonore io stessa imbraccerò le armi, io stessa sarò il vostro generale, giudice e compensatrice di ognuno per le virtù dimostrate sul campo”.
Il suo esercito in mare sconfisse l’Armada dei cattolici di Filippo di Spagna, un cimitero di fasciame e vele, di cime e cadaveri galleggiava sulla manica a testimonianza di un’immane distruzione. Millecinquecento cadaveri di spagnoli sulla spiaggia, venivano lambiti dalla marea montante. Elizabeth regnò incontrastata per lunghi anni, l’Inghilterra sotto la sua reggenza raggiunse il più alto periodo di prosperità e progresso mai visto prima.