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Figli di mamma o anche di papà?

novembre 1, 2017 • Agorà, Articoli, z in evidenza

 

In esclusiva per Caratteri Liberi proponiamo un’intervista all’avvocato Tiziana Tomeo cassazionista, referente regionale dell’ Associzione Minoriinprimopiano Onlus e Vice Procuratore onorario presso la procura di Cassino, da sempre tratta e cura le questioni relative ai soggetti vulnerabili soprattutto nell’ambito delle separazioni e dei divorzi.

di Loredana Biffo –

E’ ormai quantificabile in un buon numero di anni l’adozione del criterio di affidamento congiunto nelle separazioni, secondo lei l’esperienza ha dato esiti positivi? (evidenziare eventuali contraddizioni o aspetti perfettibili.

L’affidamento condiviso è stato introdotto nell’ordinamento giuridico italiano con la legge 54 del 2006; la novità più importante è rappresentata dal “principio della bi-genitorialità”, che ha sostituito l’atavico concetto di “potestà genitoriale”, attribuendo così ad entrambi i genitori (non a caso non utilizzo il termine coniugi, estendendosi il contenuto della normativa anche alle unioni di fatto), la facoltà di esercitare insieme o separatamente la loro funzione.
Tale prospettiva, darebbe per scontata una certa maturità da parte dei genitori ed uno spiccato senso di responsabilità tale da anteporre il bene dei minori alla rabbia, alle ripicche ed alle deleterie strumentalizzazioni che inevitabilmente si manifestano quando ci si lascia.
Quindi, la legge è positiva se applicata e rispettata, ma è sempre molto complicato far comprendere ad un genitore che la separazione non deve pregiudicare i figli, né deve compromettere la relazione genitore/figlio, perché il genitore collocatario assume talvolta il ruolo di carnefice.

Spesso i padri lamentano di essere  vittime di atteggiamenti discriminatori da parte delle ex mogli, accusate di manipolare i figli e indurli a non avere rapporti con il padre, inoltre lamentano che l’aspetto economico è spesso penalizzante per essi. Qual è il suo parere a riguardo?

Recentemente la condizione dei padri ha assunto connotazioni diverse rispetto al passato. Mi spiego meglio!
E’ molto più frequente che ad un avvocato si rivolga un padre che chieda di poter essere aiutato a tutelare la propria genitorialità, nel tentativo di arginare le “limitazioni” imposte dall’altro genitore.
E’ pur vero tuttavia, che esistono anche padri che si accontentano di essere solo dei “bancomat”, abdigando alla loro funzione totalmente.

Quanto spesso si verifica che i padri non adempiano agli obblighi di mantenimento dei figli, è realmente un problema diffuso come invece lamentano le ex mogli?

Se il legislatore ha voluto prevedere l’inserimento nell’ambito del codice civile dell’articolo 337-ter con il Capo II intitolato“ Esercizio della responsabilità genitoriale a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio ovvero all’esito di procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio”, evidentemente, si è ritenuta urgente ed impellente la necessità di equiparare entrambe le figure genitoriali, garantendone non solo comprensenza in astratto nella vita di un figlio, bensì proprio in concreto.
Attualmente si verificano le più disparate situazioni!
Vi sono padri che pur di rispettare gli obblighi economici ed al fine di non far mancare ad un figlio il proprio contributo, sono costretti addirittura a chiedere un sostegno per se stessi alla caritas, affrontando serissime difficoltà di sostentamento quotidiano; esistono poi padri “furbi e bugiardi” che fingono di privarsi di ogni bene pur di non corrispondere alcunchè; ci sono poi i padri “bancomat” appunto, coloro che corrispondono puntualmente il mantenimento, ma non hanno alcun tipo di rapporto con i figli né lo cercano; infine, categoria in grande crescita, esistono padri che sono puntuali nella corresponsione del mantenimento e contestualmente non fanno mancare in alcuna circostanza, il proprio affetto e supporto, nonostante, a volte, gli ostacoli frapposti dalle madri manipolatrici.

Le ricerche in sociologia della famiglia rilevano e mettono in luce il fatto che gli uomini dopo la separazione (qualora formano una nuova famiglia) tendono a dare la priorità ai figli nati dalla nuova relazione. Secondo lei è reale questo aspetto?

Solitamente ciò si verifica in quanto la prima relazione è stata gestita in modo catastrofico, per cui è molto più semplice concentrarsi su quella successiva e riporre in essa ogni speranza di riuscita, non lasciando nulla d’intentato rospetto alla prima!
Così i figli del primo rapporto, come accade per il primo compagno, scontano la colpa di evocare il compagno da cui ci si separa e che si vuol dimenticare, e dunque, conseguenzialmente, anche loro vengono allo stesso modo dimenticati, salvo poi ricordare qualche volta di versare una somma irrisoria di mantenimento.

Nella sua esperienza, rileva spesso atteggiamenti di ostruzionismo da parte delle madri? Quanto la conflittualità che eventualmente ne consegue incide sui figli?

E’ ancora abbastanza radicata presso i Tribunali, la pratica di collocare il figlio presso la madre, prevedendo le statuizioni per il padre, con riguardo al diritto di visita ed eventuale pernottamento.
Nella maggior parte dei casi dunque, c’è un genitore che ha il “dono” di vivere molto più tempo un figlio rispetto all’altro e che spessissimo si ritrova a dover elemosinare tempi ed “opportunità” mentre altre volte addirittura deve temere ritorsioni strumentali dell’altro.
Il collocamento, più correttamente oggi, residenza del figlio, non è un mezzo di poter del genitore che ne beneficia, bensì un privilegio che deve essere utilizzato sapientemente e con garbo, ma mai a discapito dell’altro genitore.
Il figlio sconta in pratica ciò che per una madre ostacolante dovrebbe “pagare” il papà!
Quante volte noi avvocati ci sentiamo dire, i “figli sono della madre”!
C’è da inorridire a queste affermazioni. I figli non sono di nessuno, appartengono a loro stessi e vanno solo rispettati ed amati fino a quando non saranno in condizione di poter provvedere a loro stessi.
Una madre che ostacola il rapporto padre/figlio è una pessima madre, mal consigliata, al tempo stesso, da un altrettanto pessimo avvocato!
Un padre che abbandona un figlio, non è mai cresciuto e probabilmente sconta propri limiti e incapacità che nemmeno altre paternità riusciranno a compensare quelle “voragini”.
Noi genitori abbiamo solo il compito di consentire ai nostri figli “di raggiungere il bersaglio sul sentiero dell’infinito –come- frecce che possano andare veloci e lontane” diceva Gibran

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