Le banche e la “riserva frazionaria”, Svizzera propone referendum
Redazione
La Svizzera ha deciso di indire un referendum su una proposta: proibire alle banche la riserva frazionaria.
L’idea circola da qualche tempo in sordina ma ad alto livello, come mezzo radicale per porre fine alle sempre più frequenti crisi finanziarie che si susseguono nel mondo.
Appare già in una ricerca commissionata e pubblicata dal Fondo Monetario Internazionale nel 2012. Nel 2015 il governo islandese ha commissionato una ricerca di approfondimento. Proibire la riserva frazionaria significa modificare radicalmente il sistema bancario e finanziario che esiste nel mondo da centinaia di anni e che ha determinato la società industriale e lo stato moderno.
Le bolle finanziarie scoppiano perché la quantità di denaro che circola nel mondo è enormemente superiore ai valori dell’economia reale. Questo avviene non perché le Banche Centrali stampano troppa moneta su richiesta della politica (anche questo avviene, ma non è la causa di fondo del crescente eccesso di capitali alla ricerca di investimenti, in tutto il mondo), ma anche perché le banche di credito sono autorizzate a detenere soltanto una riserva frazionaria, cioè parziale, a fronte dei debiti che hanno verso i risparmiatori che affidano loro i depositi.
Una banca può avere soltanto 100 euro in cassa e concedere prestiti per 1000 euro, prendendo a sua volta a prestito gli altri 900. Da chi li prende a prestito? In parte dalla Banca Centrale, ma per lo più dai risparmiatori che depositano i loro risparmi in banca, ma… senza toglierli dal conto corrente o dal conto deposito. Quei 900 euro rimangono contabilmente sul conto dei risparmiatori, ma in cassa non ci sono, perché sono stati temporaneamente utilizzati dalla banca per concedere un prestito .
Quando la banca impresta denaro che non ha, è come se creasse denaro con la bacchetta magica, ma a tempo, come la fata crea il cocchio dorato di Cenerentola da una zucca, ma soltanto fino a mezzanotte – poi si torna a vedere la zucca. Così fanno le banche, tutte le banche, da secoli.
Quando le banche sono in difficoltà se i prestiti non vengono restituiti, per evitare il panico e per non danneggiare i risparmiatori è consuetudine che la Banca Centrale fornisca il denaro necessario per salvarle dal fallimento, altrimenti la banca si trasforma in zucca e spariscono i soldi dei risparmiatori, che sono il vero cocchio dorato.
La consuetudine del salvataggio ha reso il mondo delle banche e della finanza progressivamente meno responsabili e il volume del credito, cioè del denaro temporaneo creato con la bacchetta magica, sempre più sproporzionato rispetto alla crescita dell’economia reale.
Però i paesi dell’Eurozona hanno deciso che da ora in poi le banche verranno lasciate fallire a spese dei correntisti e di chi ha comprato le azioni e le obbligazioni della banca. L’opinione pubblica ha cominciato a capirlo soltanto dal caso della banca dell’Etruria.
Oggi il 97% del denaro circola nel mondo sotto forma di credito, cioè di prestiti virtuali, basati più sulla fiducia che su garanzie reali e risparmi accumulati. Smontare questo meccanismo, in funzione da secoli, abolendo radicalmente il diritto delle banche di tenere soltanto una riserva frazionaria, porterebbe sconvolgimenti del sistema che è difficile capire e valutare in tutte le loro conseguenze, anche politiche.
Alle banche rimarrebbe soltanto la funzione di intermediazione fra i risparmiatori e chi ha bisogno di prestiti, cioè la funzione di consulenza per gli investimenti dei risparmiatori.
Il denaro e il credito verrebbero gestiti soltanto dalle Banche Centrali, aumentandone enormemente i poteri. I poteri delle Banche Centrali sono determinati da leggi, le leggi sono fatte dal potere politico.
Il denaro e il credito sarebbero totalmente nelle mani degli stati, perciò le decisioni di fondo dell’economia dipenderebbero dal potere politico degli stati molto più che nel passato. È questo che vogliamo?
Il referendum svizzero avrà il pregio di porre la questione sul tappeto per tutti, facendola uscire dal mondo accademico, e sollecitare la riflessione e la discussione sul tema.
Difficilmente la proposta verrà approvata, ma potrebbe indurre i paesi del G20 ad aumentare ancora molto la percentuale di riserva frazionaria obbligatoria per le banche, che circa 10 anni fa era mediamente del 3%, ora è già salita mediamente al 10%, pur con variazioni significative fra i singoli paesi.
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