Se lo stupro è d’autore si può condonare?
di Loredana Biffo
Non trova pace Roman Polansnky che per aver stuprato nel 1977 Samantha Gailey allora tredicene, è rincorso dalla giustizia da tempo risiede a Parigi – dove fra l’altro ha goduto del consenso di molti intellettuali e della protezione dall’estradizione, il caso aveva sollevato già qualche anno fa molte polemiche per il fatto che intellettuali francesi e italiani inorridivano difronte ad un eventuale intervento giudiziario perchè si tratta di un grande registra dagli indubbi meriti nel campo del cinema.
Oggi Polansky ha 82 anni, e da poco si trova in Polonia per le riprese di Dreyfus, film sulla vita di un militare ebreo francese, è libero di muoversi in Polonia, ma è piuttosto limitato nei suoi movimenti da diverso tempo. Il nuovo partito polacco è dunque favorevole a estradare il regista negli Usa dove ha commesso il crimine, e dove lo attenderebbe la giustizia. Ricordiamo che gli Stati Uniti avevano già chiesto alla Polonia lo scorso anno di estradarlo in occasione di una sua partecipazione ad una trasmissione Tv sull’inaugurazione del Museo storico sugli ebrei di Varsavia, ma il giudice della Corte Superiore di Los Angeles aveva respinto ancora una volta la richiesta e i suoi avvocati chiedevano l’archiviazione del caso.
Nel 1977 aveva scontato 42 giorni di prigione e poi liberato su cauzione con la riduzione dell’accusa di “rapporto sessuale extramatrimoniale” con persona minorenne, per il quale si dichiarò colpevole; ma decise di scappare a Londra prima della lettura del verdetto per timore di essere condannato. E’ da allora che su di lui pende un mandato da parte dell’Interpol.
Ma veniamo alla vicenda nel suo contenuto, La vittima, l’allora tredicenne Samantah Gailey ha ripetutamente affermato di non avere risentimento e di desiderare l’oblio per la viceenda vissuta molti anni fa.
Ricordiamo che qualche anno fa, molti personaggi dello spettacolo, tra cui Allen Scorsese, lync Ardant, Bellucci, Almodovar, Michele Placido, Giuseppe Tornatore e altri, contestarono il fatto che l’arresto non avrebbe avuto senso dopo trentuno anni.
A detta di costoro trentuno anni di “latitanza” (va ricordato che Polanski non è tornato in America nemmeno per ritirare l’oscar per il film “il pianista”), e il fatto che l’allora tredicenne Samantha Geimer, che oggi ha 45 anni, lo abbia “perdonato”, dovrebbe essere il motivo principale per far decadere la condanna su Polanski; adducono poi anche motivazioni pretestuose sulle presunte sofferenze dell’autore dello stupro che, ha avuto una vita difficile connotata da tragedie personali.
Il Daily-Telegraph sentenziava: “Il crimine è da condannare, ma gli anni settanta sono un’altra epoca….Se tutte le rock star inglesi che hanno sedotto minorenni durante una tournèe in Usa dovessero essere arrestate forse il settore sarebbe decimato”.
Si potrebbe rispondere a tali eresie che se tutte le persone vittime di sofferenze durante l’infanzia o nel corso della loro vita, andassero in giro a violentare minorenni, saremmo in una situazione tragica dove la violenza, la pedofilia e lo stupro sulle donne sarebbero incontenibili.
Non ci si scandalizza per il lontano crimine, ma per il fermo del violentatore, poichè si tratta di un Oscar, di un “genio”, secondo i “moralmente autorevoli” difensori di Polanski, non si può arrestarlo, il suo crimine passa in secondo piano difronte al reato di lesa maestà. Quasi che se esistesse lo “stupro di classe”, forse un operaio, un calzolaio, un muratore sarebbero più colpevoli perchè appartengono alla categoria “dell’uomo qualunque”?
E’ necessario ricordare che Polanski non sedusse la madre di Samantha, ma fece un atto di sodomia e sesso orale su una bambina, drogandola per renderla inerme. Dovrebbero essere soprattutto le donne a compiacersi del fatto che finalmente oggi il violentatore pedofilo paghi per il crimine orrendo commesso allora.
Deve essere ben chiaro che l’unico scandalo è il fatto che la giustizia sia così inefficiente, che sopraggiunga dopo così tanto tempo, un reato del genere non può mai cadere in prescrizione. Lo stupro non riguarda solo il soggetto abusato, è un reato che colpisce la collettività, il costrutto sociale viene reiterato nel modello del “maschio dominante”, per questo non ha senso parlare di perdono, che può essere esclusivamente prerogativa del soggetto.
Sostenere che gli anni settanta erano un’altra epoca, è un’affermazione che sta ad indicare quanto sia profondo nella coscienza collettiva il fatto che il corpo delle donne sia una proprietà maschile, che ci sia un diritto allo stupro, come se questo fosse un dato della “natura” maschile che se stuzzicata impropriamente da “femmine incaute” può dare sfogo a tutta la sua brutale virilità.
E’ “concezione naturalistica” dello stupro che va sradicata, perchè in natura non esiste lo stupro, è semplicemente (drammaticamente) un fatto culturale, un costrutto sociale arcaico.
Il possesso del corpo femminile è sempre stato un mezzo di dominio e di sopraffazione dell’uomo sulla donna, una realtà, una tradizione, uno stereotipo culturale, un dolore secolare e trasversale a tutte le società.
Perfino il termine “uomo”, che sta ad indicare l’umanità in senso generico, rivela in realtà un pregiudizio di età patriarcale; poiché i valori relativi ai ruoli sessuali riflettono non solo le usanze dei tempi passati, ma anche le opinioni e i pregiudizi correnti, protetti dai “riflussi” di abitudini ataviche, è importante ravvisare cosa c’è nel quotidiano che riflette le antiche consuetudini.
Si pensi che l’adolescenza era caratterizzata, agli occhi dei Greci, proprio per il fatto che in tale periodo la fanciulla era sessualmente matura, ma non ancora sposata, suscitava il desiderio degli uomini, rifiutandosi però di cedere ai loro approcci, li induceva all’azione violenta. Nasce così la costruzione del concetto che la violenza sessuale maschile è giustificata dalla provocazione femminile, concetto che si ritrova a percorrere i secoli e a pervadere le culture.
Lo stupro nella Grecia di Limnai e Karyai dava seguito molto spesso al suicidio delle vergini, oppure era preceduto dal suicidio per il timore dello stupro stesso, che era considerato come un rito di passaggio dalla pubertà all’età adulta. La donna “Oikurema”, cioè “cosa”, trovò piena realizzazione con Solone, che istituzionalizzò la prostituzione. Fu lui l’inventore delle “case chiuse”, fu il primo grande legislatore della storia della prostituzione. Ateneo nel II-III sec. a.C commemorava l’invenzione:
“ Tu trovasti, o Solone, una legge adatta per tutti gli uomini: ed essi dicono che fosti il primo ad adottare questo provvedimento, un provvedimento democratico, Zeus mi è testimone, e salutare (si conviene ch’io lo dica, o Solone); vedendo la nostra città piena di giovani, vedendo anche che essi erano in preda agli impulsi della natura, e cercavano uno sfogo seguendo una strada che non avrebbero dovuto percorrere (e che li avrebbe condotti all’omosessualità), ponesti nei diversi quartieri donne disponibili per tutti. Esse attendono svestite, per non deludere dopo i clienti, che possono così contemplarle a piacimento. Forse non ci sente pienamente in forma o forse c’è qualche cosa che rattrista”.
Ebbene le loro porte sono aperte: prezzo un obolo, non resta che entrare. Non si troverà né ritrosia, né stupidità, né ribellione da parte delle ragazze: si potrà andare direttamente allo scopo, in qualsiasi maniera vi si desideri arrivare……..uscendo si potrà mandarle al diavolo: esse non contano nulla”.
I greci sono stati considerati il popolo più civile dell’antichità. Poiché è sullo sfruttamento sessuale che si sono poste le fondamenta della civiltà maschile, si rende necessario esaminare le conseguenze di questo controllo esercitato dagli uomini sulle donne, ricollegandolo all’ambito che l’ha stabilizzato e ha reso possibile considerare la donna “naturalmente” confinata al ruolo che le era proprio: quello di essere “una proprietà”.
Oggi giustificando uno stupro compiuto più di trent’anni fa da un personaggio “importante”, si continua a reiterare pericolosamente tale modello, in questo modo non possiamo pretendere di evolvere il rapporto uomo-donna ad una nuova concezione di complementarità, soprattutto per il messaggio diseducativo che si continua a trasmettere alle nuove generazioni. Non a caso la violenza maschile fa proseliti anche fra i giovani. il “grande regista”, è comunque un “piccolo uomo” che non ha mai avuto il coraggio di affrontare le sue responsabilità, condannandosi a sfuggire alla giustizia per tutti questi anni per non pagare il suo debito verso un crimine orrendo.
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