TSO e farmaci, la società del “controllo”?
di Loredana Biffo
Andrea Soldi, 45 anni, è morto a Torino in seguito ad un TSO brutale eseguito in modo scellerato e incompetente da parte di tre agenti municipali, un infermiere e uno psichiatra. Tutti iscritti nel registro degli indagati dalla Procura.
La vittima, che dal 1990 soffriva di schizofrenia, aveva dato in escandescenza in un giardinetto di Torino perchè non voleva fare: “quell’iniezione che mi provoca torpore”. Il centro di salute mentale dell’Asl 2 aveva ordinato un Tso (trattamento sanitario obbligatorio) e una pattuglia di vigili urbani lo aveva eseguito.
Molte persone hanno riferito che per immobilizzare l’uomo, 150 chili di stazza, sono state utilizzate maniere troppo forti. Ma le testimonianze raccolte finora non sembrano coincidere. Del caso si occupa il pm Raffaele Guariniello, in qualità di coordinatore del pool sulle cosiddette “responsabilità mediche”.
“La dinamica dell’episodio sta venendo fuori, ma continuiamo a lavorarci”, spiega il magistrato. “Il lavoro non è finito – sottolinea – potrebbe emergere ancora qualcosa”. Per tutta la giornata di ieri, al quinto piano del Palazzo di Giustizia di Torino, si sono succeduti gli interrogatori e “altre persone saranno ascoltate nei prossimi giorni”. Oggi è stata data notizia che in base all’autopsia Andrea non è morto per asfissia, ma in conseguenza ad una forte pressione muscolare sul petto e carenza di soccorsi. I testimoni avevano dichiarato di aver visto uno dei vigili “stringerlo al collo con un braccio” fino a “farlo diventare cianotico”. E’ probabile che ci sia stato un infarto da stress: crisi respiratoria e arresto cardiaco.
Ovviamente i tre vigili sono sollevati perchè si tratterebbe solo di omicidio colposo. Come del resto è avvenuto in tutti i casi di persone morte per mano delle forze dell’ordine. Ricordiamo che non molto tempo fa vi è stato l’ennesimo affossamento dell’introduzione del reato di tortura nell’andirivieni parlamentare. Un disegno di legge non approvato e che è altamente probabile che per i prossimi cinque anni, e forse più, il reato di tortura rimarrà fuori dal nostro ordinamento, nonostante la condanna da parte del parlamento europeo nei confronti dell’Italia per la mancanza di tale reato nel nostro ordinamento, in ritardo di un quarto di secolo.
Vale la pena inoltre ricordare, che in passato, precisamente nel 2010, vi sono già stati dei tentativi autoritari di svuotare la Legge Basaglia,una legge unica al mondo – la 180 – che ci è invidiata da tutti all’estero. Infatti, psichiatri spagnoli, olandesi, francesi, ci hanno chiesto spesso come siamo riusciti in Italia a fare una legge così avanzata.
La novità della proposta avanzata nel 2010 dal governo in carica, stava nel tentativo di “eliminare” il disagio psichico attraverso il Trattamento Sanitario Obbligatorio, che passa da sette giorni a trenta, con la possibilità di “Tsop” (trattamento sanitario obbligatorio prolungato), si tratta di ricovero forzato per pazienti che secondo gli psichiatri, hanno bisogno di un lungo periodo di cure. Ma il Tsop, da sei mesi, può essere ulteriormente rinnovato, dietro decisione del Sindaco, con l’assenso del giudice tutelare.
Il trattamento obbligatorio, serve a imporre al paziente la cura che lo dovrebbe portare se non alla guarigione, al “contenimento”, con ulteriore possibilità di vincolare il paziente al rispetto di principi terapeutici quali l’accettazione delle cure, la permanenza in “comunità accreditate (cioè private) per prevenire le ricadute”.
Ma il clou della proposta di legge, era che durante il ricovero coatto, il paziente “accetti” di firmare un “contratto terapeutico vincolante”, che sarebbe come il “contratto di Ulisse”. Cioè, il paziente (proprio come Ulisse che si fa legare all’albero della nave nell’ episodio delle sirene), “decide” di seguire le cure che vengono imposte dallo psichiatra, anche qualora cambiasse idea. In tal caso non ci sarebbe nulla da fare, il programma andrebbe avanti inesorabilmente. Perchè, sempre secondo qusta concezione i malati psichiatrici, entrano ed escono dall’ospedale a loro piacimento, e la gestione ricade interamente sulle spalle delle famiglie. Oppure, se una famiglia non ce l’hanno, “diventano barboni” – dichiarazione dell’allora on. Ciccioli.
Se la proposta fosse stata approvata, avrebbe determinato scenari spaventosi. Sarebbe stato il ritorno del paradigma dell’internamento a vita per motivi psichiatrici, consentendo di effettuare trattamenti sanitari obbligatori nelle abitazioni dei familiari o anche all’interno di strutture private, che diverrebbero così vere e proprie “carceri private”. Sarebbe una logica conseguenza il perseguimento del proprio interesse da parte del proprietario della struttura, tenere la persona internata a vita.
Si mobilitarono molti operatori contro questa “folle e sciagurata” proposta,La presidente dell’Unione nazionale delle associazioni per la salute mentale (Unasam), Gisella Trincas, rispose all’ onorevole del Pdl Carlo Ciccioli, che “il trattamento sanitario obbligatorio non va bene, punto e basta”, sarebbe da eliminare, figuriamoci allungarne la durata, fino a farlo diventare la norma, che in realtà dovrebbe essere quella del “trattamento sanitario volontario”, che non preveda obblighi e e costrizione.
Aggiungeva la Trinca: le persone devono poter partecipare al loro progetto di cura, il Trattamento sanitario obbligatorio prolungato rappresenta una cosa “priva di senso”, al contrario è necessario un “intervento personalizzato adeguato”, che implica “l’investire in risorse umane e finanziarie adeguate”, per costruire un percorso in grado di dare alla persona le risposte di cui ha bisogno rispetto alla malattia.
Ora, il fatto che non si sia andati in questa sciagurata direzione, non deve affatto indurre ad abbassare la guardia. Il TSO come è evidente dagli ultimi casi di cronaca, è gestito come “metodo di controllo sociale” laddove i soggetti sfuggono alla più subdola e potente “coercizione dei farmaci”.
In psichiatria, vengono usati dei farmaci capaci di influenzare la psiche ed il comportamento in condizioni psicopatologiche, vengono dati per riequilibrare e migliorare l’attività psichica del soggetto. Quel che non viene detto però, è che il meccanismo d’azione e le conseguenze a lungo termine non sono affatto conosciuti, poichè l’uso dei farmaci in psichiatria è ancora molto empirico, e la fiopatologia delle malattie psichiatriche è poco nota. Per non parlare dell’inquietante aumento di “nuove malattie” coniate dalla psichiatria e l’uso importante di antidepressivi dopo che viene definita depressione qualsiasi stato d’animo considerato negativo o deviante dalla norma.
Insomma, il quadro è certamente inquietante, se poi i “nuovi metodi” di pratica del TSO sono quelli che sempre più spesso vanno alla ribalta delle cronache (ricordiamo il drammatico caso di Franco Mastrogiovanni morto in ospedale per la “contenzione”), forse varrebbe la pena di soffermarsi a riflettere in quale direzione si stia andando, e che tipo di società vogliamo.
One Response to TSO e farmaci, la società del “controllo”?
« Niente pagamento alla disdetta di una prenotazione in albergo Andrea Soldi, morto per la violenza coercitiva »
anche mio cugino di 58 anni due mesi fa e’ morto per una caduta dalle scale al mattino ore 6,45 dopo che il pomeriggio antecedente gli era stato somministrato un farmaco calmante dal Simap, infermieri e dottoressa si erano recati presso la sua abitazione per calmarlo.
Essendo successo in casa(viveva con la mamma anziana) e un badante di giorno,
non sappiamo cosa sia successo e che farmaci gli siano stati somministrati.
Mio cugino era disabile mentale ma sapeva badare a se stesso ed era felice di vivere, non faceva male alcuno, se veniva deriso pero’ aveva delle crisi e gli assistenti provvedevano a sedarlo. Forse questa volta non e’ andata bene neanche per lui.