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Come nel 2017, l’ondata Le Pen destinata a infrangersi contro le roccaforti di Macron

aprile 12, 2022 • Agorà, z in evidenza

 

(COMBO) This combination of files pictures created on April 10, 2022 shows French far-right party Rassemblement National’s (RN) presidential candidate Marine Le Pen posing during a photo session in Paris on October 20, 2021 and French President and La Republique en Marche (LREM) party candidate for re-election Emmanuel Macron posing for a photo session on March 7, 2017 at his campaign headquarters in Paris. – Emmanuel Macron is to face Marine Le Pen in the second round of the French presidential election it was announced on April 10, 2022. (Photo by Joël SAGET and Eric Feferberg / AFP)

Di Loredana Biffo –

Nonostante le aspettative – o timori – a seconda dell’entourage politico culturale piuttosto variegato della Francia, nonostante le elezioni d’oltralpe siano considerate da molti come un possibile cambiamento in un’Europa sempre più percepita come potere centralista, è molto probabile che nemmeno questa volta ci sarà una vittoria di Marine Le Pen, o della cosiddetta “Francia profonda”.

I dati del voto francese al primo turno, parlano abbastanza chiaro su quello che è il milieu della Grandeur, piuttosto sfaccettato, ma sostanzialmente macronista . Interessanti e a favore di questa tesi, sono i dati di voto a Parigi, che come è noto ha, anche nelle precedenti elezioni, spostato l’asse destro delle province e in ultimo assestato la vittoria a candidati più aderenti alla gauche. 

I candidati più rilevanti e sotto i riflettori sono Emmanuel Macron, Marine Le Pen, Jean-Luc Melanchon e Eric Zemmour. I dati del voto nei rispettivi arrondissements parigini, danno un Macron che è in ascesa rispetto alle precedenti presidenziali del 2017, con valori fino al 48,47% nel 7°; 47,62% nel 6° (che sono, in particolare il 15° zone di fascia sociale alta), e su questa linea tutti gli altri quartieri, con un’interessante stacco superiore di Melanchon che prende il 38,45% contro il 31,47 di Macron nel 10°; 36,26% contro 32,84 nell’11°; sempre Melanchon con il 41,70 contro il 29,03 di Macron nel 18°; 46,51 contro 28,37 nel 19°; fino al 47,17 di Melanchon e 23,71 di Macron nel 20°. Consideriamo che questi ultimi, sono quartieri in cui la presenza di islamici è molto alta e sommata alle banlieu è in grado di spostare l’asse del voto sia verso il candidato dell’estrema sinistra Melanchon, che verso Macron il cosiddetto “europeista” che proprio per questo ha favorito tutta una serie di politiche a favore dell’alto numero di immigrati o di “francesi islamici” di seconda e terza generazione. 

Per quel che concerne Marine Le Pen (vista come l’estrema destra sovranista) i dati sono nettamente più sfavorevoli rispetto ai candidati di cui abbiamo visto, vanno dal 13% del 1° arrondissement al 5,56 del 20°; perfino più modesti rispetto a Eric Zemmur (intellettuale ebreo con origini algerine), che va dal 7,01% nel 1°, ad un picco di 17,48 nel 16° (dove Le Pen per esempio ha solo il 5,80%). 

Quindi  sebbene la Le Pen mostra una certa sicurezza, i sondaggi l’abbiano data in crescita, grazie anche ad un’impasse più “moderato” rispetto al 2017 nelle precedenti elezioni, rimane probabilmente un personaggio scomodo, per il suo passato politico-familiare, il nome che porta un’eredità pesante rispetto al padre e alla questione dell’antisemitismo atavico della Francia (ricordiamo che è un Paese dove il numero di violenze sugli ebrei da parte islamista è molto alto, così come le fughe delle famiglie ebree sia dai quartieri a maggioranza islamica, sia verso l’estero). Probabilmente il suo partito avrebbe potuto crescere se lei avesse fatto un passo indietro e avesse dato spazio a qualcuno meno coinvolto con questa idea che riporta al passato, per esempio la nipote, Marionne Mareschal, che non  a caso aveva rinunciato al nome Le Pen.

E’ chiaro che queste elezioni hanno una forte valenza non solo per la Francia, ma anche per l’Europa e l’Italia, ma il voto antigovernativo non avrà la meglio sulla macchina infernale del potere che presserà ancora sulla “paura”, ovvero quello che viene configurato come il disastro se vincesse la destra, né il potere internazionale, né quello interno alla nazione permetterà la svolta, perché la Francia non è l’Ungheria, l’Europa non tollererebbe la perdita di una nazione chiave nei rapporti d’affari con il mondo arabo (che tanto fruttano all’economia francese) e l’America dei democratici. 

Esattamente come nelle precedenti presidenziali, i successi della Le Pen  a sud e nelle province si frantumeranno contro la roccaforte parigina e delle grandi città. Niente di nuovo quindi, la Francia proseguirà imperterrita la  folle corsa verso l’islamizzazione (si stima che nel 2050 sarà a maggioranza islamica) e il potere dell’alta finanza di cui Macron è il figliolo dell’europeismo che non piace ai ceti popolari ma resta l’uomo dell’eurocrazia al potere, che corroborerà la “fasciosfera” del politically correct, è colui – per dirla con Michel Onfray –  che più incarna il futuro di Sharia e Transumanesimo della società. La Francia è perduta, ma pure l’Europa e l’Italia non stanno tanto bene. 

Fonte: Atlantico Quotidiano https://www.atlanticoquotidiano.it/quotidiano/come-nel-2017-londata-le-pen-destinata-a-infrangersi-contro-le-roccaforti-di-macron/

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