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Come si muore in Iran

aprile 19, 2020 • Articoli, Medio Oriente, z in evidenza

di Loredana Biffo –

Al tempo del Coronavirus in Iran i nodi vengono sempre di più al pettine, la tragica condizione in cui versa una popolazione già molto devastata dalla dittatura clericale, si sta velocemente aggravando nell’oblio di una politica internazionale che non solo non mette in luce la gravità della situazione, ma addirittura tende attraverso l’informazione, a fare dei parallelismi con gli altri paesi colpiti dalla pandemia, mentre le condizioni politiche, economiche e sociali in Iran, fanno si che nessun altro paese viva una tragedia nella tragedia come sta avvenendo in Iran.

Particolarmente rilevante è la condizione carceraria, infatti un elevato numero di detenuti politici oppositori del regime degli Ayatollah, si trova in detenzione, dove da sempre i detenuti vengono torturati ripetutamente e fatti poi sparire in seguito al decesso, attualmente muoiono in maggioranza a causa del virus e delle mancate cure.

Amnesty International ha pubblicato un rapporto in cui dichiarato: “Si teme che le forze di sicurezza del regime iraniano abbiano fatto ricorso all’uso della forza letale per il controllo delle proteste dei detenuti, uccidendo circa 36 prigionieri.

Le proteste erano scoppiate a causa dei timori dei detenuti circa la propria sicurezza in seguito alla diffusione del COVID-19”. Ha poi aggiunto: “Nei giorni scorsi migliaia di prigionieri hanno organizzato proteste in almeno 8 diverse carceri del paese, dando voce alla propria preoccupazione di contrarre il coronavirus, scatenando la mortale risposta delle guardie carcerarie e delle forze di sicurezza.”

L’adozione di misure oppressive che aggravano la già pesante violazione di diritti umani, è finalizzata a offuscare il numero impressionante delle vittime del Covid-19 e della conseguente rivolta popolare. Un portale interno per l’anagrafe civile del paese è stato improvvisamente chiuso per impedire che fuoriuscissero informazioni in merito al numero delle vittime che veniva pubblicata con cadenza mensile.

Secondo agenzie di stampa del regime, le università di scienze mediche si rifiutano di fornire le statistiche sui morti e sugli infetti; mentre l’organizzazione dei Mojahedin del Popolo (il gruppo politico di opposizione al regime) ha annunciato che il numero di morti supera la cifra di 31.500 in 294 città, un terzo dei decessi riguarda la sola città di Teheran, dove Alireza Zali, il capo dell’Unità Operativa Nazionale per la Lotta al Coronavirus di Teheran, ha dichiarato al quotidiano Vatan Emrouz che nelle ultime 24 ore 399 pazienti sono stati ricoverati a causa dell’infezione.

Intanto nel paese continuano (nel silenzio internazionale) le proteste popolari per il rifiuto di Ali Khamei di liberare fondi che sono sotto il suo controllo e dell’IRGC (Corpo delle Guardie Rivoluzionarie) per il sostentamento della povertà sempre più diffusa.

Un quotidiano ha inoltre accusato il governo per le gravi condizioni di molti “bambini lavoratori” e delle gravi condizioni di contagio a cui sono sottoposti ma che non possono stare a casa perché le famiglie sono vittime di una povertà che non lascia scelta tra il morire di fame o di infezione da Covid, ed è impossibile fare la quarantena in queste condizioni. Secondo il Ministero del Lavoro sono almeno 409 i bambini lavoratori, lavoratori ambulanti, venditori di fiori, raccoglitori di rifiuti e altri lavoro umili. Molti di loro sono abituati a cercare cibo nella spazzatura.

Maryam Rajavi, leader del Consiglio Nazionale della Resistenza (CNRI) ha dichiarato che quello che sta avvenendo in Iran è un ulteriore massacro di un popolo sottoposto a 40 anni di dittatura clericale, e che il sacrificio viene pagato con la vita dai membri del MEK della gioventù che si ribella coraggiosamente alla dittatura, sostenendo che l’unica cosa da fare è sradicare il regime che ha due virus, uno è il regime degli Ayatollah, l’altro è il Covid-19.

Nonostante la forte censura applicata dal regime che teme le rivolte popolari, la gente non ha smesso di combattere e purtroppo anche di morire in mezzo alla strada per malori e relative mancanze di cure, oltre che per le torture carcerarie agli oppositori.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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