Scenari iraniani post elezioni
Di Loredana Biffo –
Le recenti elezioni iraniane richiedono di riportare nuovamente il focus sulla situazione interna al paese e alle controverse dinamiche del regime degli Ayatollah con la popolazione. Ciò che è emerso chiaramente da quest’ultima tornata elettorale, è che il 21 febbraio il popolo iraniano ha respinto in modo schiacciante il governo clericale, rifiutandosi di prendere parte al voto, nonostante le intimidazioni e i numerosi appelli da parte delle autorità.
Il fatto che vi sia stato un calo drastico dei votanti, indubbiamente rappresenta una notevole umiliazione per un regime già fortemente indebolito dalle recenti proteste degli ultimi mesi.
La stessa agenzia di stampa Fare dell’IRGC (Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Iraniane) ha affermato che solo 1,9 milioni di persone hanno votato nella città di Teheran, ovvero meno del 20% della popolazione. A nulla sono serviti i richiami del regime in base al voto come “dovere religioso” obbligatorio, dichiarato come una “Jihad popolare” necessaria a rafforzare il Paese e salvaguardare l’integrità del Velayat e-faqui (la perfetta identificazione tra religione e politica).
Rouhani aveva nelle scorse settimane esortato al voto la popolazione, adducendo che disertare le urne avrebbe portato acqua al mulino dell’America e di Israele, ma soprattutto avrebbe incrementato e rafforzato le attività dei mujahedin-e-Khalq (OMP/MEK), ovvero i dissidenti che compongono la Resistenza iraniana.
Lo stesso Javad Zarif insieme all’IRGC (Corpo delle guardie rivoluzionarie) si era espresso chiaramente sull’importanza del voto. Anche il capo della magistratura Ebrahim Raisi aveva dichiarato: “Le lezioni sono una questione importante. Chiunque abbia a cuore questo sistema, deve agire bene nello svolgimento del proprio dovere. Chiunque, per qualunque motivo, mini queste elezioni, consapevolmente o inconsapevolmente, starebbe nel campo del nemico indebolendo il Paese”. La stessa posizione è stata presa dall’oratore della preghiera del venerdì nella capitale, definendo l’obbligo del voto identico a quello della preghiera di ogni musulmano.
Da parte sua invece, Maryam Rajavi, presidente-eletta del CNRI (Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana) aveva invitato il popolo iraniano a boicottare le elezioni farsa dicendo: “Il boicottaggio delle finte elezioni è un dovere patriottico e il legame del popolo iraniano con i suoi martiri, in particolare gli oltre 1.500 dell’insurrezione di novembre”.
Aveva inoltre aggiunto: “Il popolo iraniano ha espresso il suo vero voto durante le rivolte di novembre 2019 e gennaio 2020 con i canti di “Morte al principio del velayat-e faqih, morte a Khamenei, morte a Rouhani”.
La stessa leader della Resistenza si è poi congratulata con il popolo per aver boicottato le elezioni del “fascismo religioso” al potere con il motto: “Il mio voto è il rovesciamento del regime”.
Dal canto suo la popolazione è determinata a rifiutare il sistema clericale. Nella parte nord di Teheran, nei pressi del Museo del Cinema, l’atmosfera era di assoluta indifferenza, la gente diceva di non conoscere nessuno nella propria famiglia che avesse votato, né intendeva votare di nuovo. Tra le persone intervistate nel centro di Teheran dopo le elezioni molte hanno dichiarato: “Perché dovremmo aspettare i risultati? È una conclusione scontata ed è stata decisa in anticipo”, come sempre negli ultimi 40 anni.
Da parte sua Abdolreza Rahmani, il Ministro degli Interni, ha dichiarato che aveva votato il 42,5% degli aventi titolo, ma questa cifra non corrisponde alla realtà. La cosa certa è che L’esito delle elezioni farsa, aggraverà la faida interna del regime e l’impasse mortale della macchina repressiva. Come ha ripetutamente dichiarato Maryam Rajavi, è giunto il momento che la comunità internazionale riconosca il diritto del popolo e della Resistenza a liberarsi definitivamente di un regime che oltre ad essere criminale in patria, è un pericolo a livello internazionale. Dovrebbe cessare la politica di accondiscendenza dell’Europa nei confronti di questi dittatori e sostenere il cambiamento che il popolo da tempo dimostra di volere, di sostenere inoltre la nascita di una democrazia basata sulla sovranità popolare, sulla separazione tra Stato e religione e sulla libertà di scelta in materia religiosa, così come è scritto nei 10 punti della Costituzione che la Resistenza ha redatto per il loro progetto di un Iran Libero e Democratico.
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