Europa: La rapida espansione della dhimmitudine
di Judith Bergman
Uno degli aspetti più preoccupanti di questa dhimmitudine che si sta espandendo rapidamente è l’applicazione de facto delle leggi islamiche sulla blasfemia. Le autorità locali europee utilizzano i “discorsi di incitamento all’odio” per impedire qualsiasi giudizio critico nei confronti dell’Islam, anche se l’Islam rappresenta una idea, non una nazionalità né un’appartenenza etnica. Lo scopo convenzionale della maggior parte delle leggi contro i discorsi di odio è quello di proteggere le persone dall’odio e non dalle idee.
Il Foreign Office britannico, che sembra ignorare la disperata lotta delle donne iraniane per la libertà e che è rimasto vergognosamente in silenzio durante le recenti proteste popolari contro il regime iraniano, ha distribuito sorprendentemente alle sue dipendenti il velo islamico invitandole a indossarlo. E questo mentre almeno 29 donne iraniane sono state arrestate per aver contestato l’uso dell’hijab, e probabilmente sono state sottoposte a stupri e ad altre torture, come avviene nelle carceri iraniane. Ciononostante, le parlamentari britanniche e lo staff del Foreign Office hanno celebrato iniquamente il velo come una sorta di strumento contorto di “empowerment femminile”.
Le misure contro il jihad sono state ostacolate dai leader occidentali ovunque subito dopo l’11 settembre. Il presidente George W. Bush ha dichiarato che “l’Islam è pace”. Il presidente Obama ha rimosso ogni riferimento all’Islam nei manuali di addestramento dell’FBI che i musulmani consideravano offensivi. L’attuale leadership di New York City ha ammonito i newyorkesi, subito dopo l’attacco a Manhattan dell’ottobre 2017, a non collegare l’attentato terroristico all’Islam. La premier britannica Theresa May ha affermato che l’Islam è una “religione di pace”.
Sebbene l’Europa non faccia parte del mondo musulmano, molte autorità europee sembrano tuttavia sentirsi obbligate a sottomettersi all’Islam in modi più o meno sottili. Questa sottomissione volontaria sembra essere senza precedenti: storicamente parlando, dhimmi è un termine arabo che designa un non musulmano conquistato, il quale accetta di vivere come un cittadino “tollerato” di seconda classe, sotto il dominio islamico, sottomettendosi a un insieme di leggi speciali e umilianti e di richieste degradanti da parte dei suoi padroni islamici.
In Europa, la sottomissione alle richieste dell’Islam, nel nome della “diversità” e dei “diritti umani”, avviene volontariamente. Ovviamente, questa sottomissione all’Islam è molto paradossale, poiché i concetti occidentali di “diversità” e di “diritti umani” non esistono nei testi fondanti dell’Islam. Al contrario, questi testi stigmatizzano nei termini più forti e suprematisti coloro che rifiutano di sottomettersi al concetto islamico della divinità, Allah, come infedeli che devono convertirsi, pagare la jiziya – la tassa sulla “protezione” – o morire.
Uno degli aspetti più preoccupanti di questa dhimmitudine che si sta espandendo rapidamente è l’applicazione de facto delle leggi islamiche sulla blasfemia. Le autorità locali europee utilizzano i “discorsi di incitamento all’odio” per impedire qualsiasi giudizio critico nei confronti dell’Islam, anche se l’Islam rappresenta una idea, non una nazionalità né un’appartenenza etnica. Lo scopo convenzionale della maggior parte delle leggi contro i discorsi di odio è quello di proteggere le persone dall’odio e non dalle idee. Sembrerebbe quindi che le autorità europee non abbiano alcun obbligo giuridico di perseguire le persone per le critiche mosse all’Islam, soprattutto perché la legge islamica della Sharia non è parte integrante della normativa europea. Ma lo fanno fin troppo volentieri.
L’esempio più recente di questo tipo di dhimmitudine arriva dalla Svezia, dove un pensionato è stato condannato per aver definito l’Islam su Facebook una ideologia “fascista”. La disposizione di legge in base alla quale l’uomo è stato accusato, (Brottsbalken [Codice Penale] capitolo16, § 8,1 ), parla esplicitamente di “incitamento” (testualmente in svedese: “hets mot folkgrupp”) contro gruppi di persone per la loro “razza, colore della pelle, nazionalità, origine etnica, fede o preferenza sessuale”. Tuttavia, la disposizione legislativa non criminalizza le critiche alla religione, all’ideologia o alle idee, perché le democrazie occidentali, quando erano vere democrazie, non criminalizzavano il libero scambio delle idee.
La dhimmitudine in Europa si manifesta anche in molti altri modi. In occasione della giornata mondiale dell’hijab, un evento annuale che si svolge a febbraio, istituita nel 2013 da Nazma Khan – la quale è originaria del Bangladesh e immigrata negli Stati Uniti – “per combattere ogni forma di discriminazione contro le donne musulmane attraverso la sensibilizzazione e l’istruzione”, molte parlamentari britanniche hanno deciso di indossare l’hijab. Tra queste c’erano Anne McLaughlin, la laburista Dawn Butler – ex ministra ombra per le Donne e le Pari opportunità – e Naseem Shah. Inoltre, il Foreign Office britannico, che sembra ignorare la disperata lotta delle donne iraniane per la libertà e che è rimasto relativamente in silenzio durante le recenti proteste popolari contro il regime iraniano,[1] ha distribuito sorprendentemente alle sue dipendenti il velo islamico invitandole a indossarlo. Secondo l’Evening Standard, una e-mail interna inviata allo staff diceva:
“Ti piacerebbe provare a indossare un hijab o capire perché le donne musulmane indossano il velo? Partecipa al nostro evento. Velo gratis per tutte quelle che decidono di indossarlo per tutto il giorno o parte della giornata. Le donne musulmane, insieme alle credenti di molte altre religioni, scelgono di portare l’hijab. Molte vi trovano liberazione, rispetto e sicurezza. #StrongInHijab. Join us for #WorldHijabDay”.
E questo mentre almeno 29 donne iraniane sono state arrestate per aver contestato l’uso dell’hijab, e probabilmente sono state sottoposte a stupri e ad altre torture, come avviene nelle carceri iraniane. Ciononostante, le parlamentari britanniche e lo staff del Foreign Office hanno celebrato iniquamente il velo come una sorta di strumento contorto di “empowerment femminile”.
L’episodio sopra citato non sorprende affatto: la Gran Bretagna è piena di alcuni degli esempi più sconcertanti di dhimmitudine. Gli stupri di massa di minori perpetrati in molte città inglesi da parte di bande musulmane vanno avanti da anni e le autorità ne sono a conoscenza, ma non mettono fine a questi crimini per paura di apparire “razzisti” o “islamofobi”.
La dhimmitudine emerge chiaramente anche negli sforzi compiuti dalle autorità britanniche per scusare o spiegare le consuetudini praticate dalle comunità musulmane britanniche. Il comandante della polizia Ivan Balchatchet, responsabile della lotta contro i crimini d’onore, le mutilazioni genitali femminili (MGF) e i matrimoni forzati, ha scritto di recente una lettera in cui afferma che il motivo per il quale non è stata ancora inflitta alcuna condanna nei confronti di coloro che praticano le MGF (che sono state dichiarate illegali nel 1985), nonostante si stimi che in Inghilterra e nel Galles 137 mila donne e ragazze hanno subito tali mutilazioni, è che il reato ha “numerose sfumature”. Balchatchet si è in seguito scusato per questa dichiarazione:
“Mi scuso per questa lettera (…) Le MGF sono l’orribile abuso di bambine. È inaccettabile che non ci siano stati casi perseguiti con successo. Occorre collaborazione, è qualcosa che deve cambiare”.
Allo stesso modo, secondo dati recenti, centinaia di casi di violenze “d’onore” e di matrimoni forzati che avvengono a Londra restano impuniti. Le cifre mostrano che tra il 2015 e il 2017, la polizia ha registrato 759 crimini “d’onore” e 256 matrimoni forzati solo nella capitale britannica – ma soltanto 138 persone sono finite sotto processo. Diana Nammi, direttrice esecutiva della Iranian & Kurdish Women’s Rights Organisation, che offre rifugio alle vittime, ha dichiarato:
“Ciò che rende il fenomeno così allarmante è che le cifre ottenute grazie alla trasparenza nella pubblica amministrazione mostrano che, allo stesso tempo, dal momento che i matrimoni forzati sono penalmente punibili dal 2014, molte più persone in pericolo chiedono aiuto”.
La dhimmitudine peraltro non porta “solo” a perpetrare diffusamente stupri su minori, mutilazioni genitali femminili e delitti “d’onore” davanti agli occhi deliberatamente ciechi delle autorità nazionali, ma anche a ostacolare gli sforzi antiterrorismo. In una recente intervista alla televisione di stato svedese Svt, Peder Hyllengren, un ricercatore dello Swedish Defense College, ha dichiarato:
“Diversamente da altri paesi europei, si rischia di essere considerati razzisti. Qui, tale questione è controversa quanto l’importanza che assume la lotta contro il nazismo e l’estremismo di destra. Ma in Svezia ci è voluto molto tempo prima di ammettere che parlare di jihadismo è come parlare di nazismo”.
Hyllengren è troppo severo con la Svezia: le misure contro il jihad sono state ostacolate dai leader occidentali ovunque subito dopo l’11 settembre, quando il presidente George W. Bush dichiarò che “l’Islam è pace”. Il presidente Obama ha rimosso ogni riferimento all’Islam nei manuali di addestramento dell’FBI che i musulmani consideravano offensivi. La premier britannica Theresa May ha affermato che l’Islam è una “religione di pace”. L’attuale leadership di New York City ha ammonito i newyorkesi, subito dopo l’attacco a Manhattan dell’ottobre 2017, a non collegare l’attentato terroristico all’Islam.
Più recentemente, Max Hill, un avvocato della Corona incaricato dal Parlamento britannico di guidare una commissione indipendente per la revisione delle leggi anti-terrorismo, ha affermato che è fondamentalmente “sbagliato” usare l’espressione “terrorismo islamista” per descrivere gli attacchi compiuti in Gran Bretagna e altrove. Secondo quanto riferito dall’Evening Standard, Max Hill ha detto che la parola terrorismo non dovrebbe essere collegata a “nessuna delle religioni del mondo”, piuttosto dovrebbe essere usata l’espressione “terrorismo ispirato dal Daesh”. L’anno scorso, Max Hill aveva opinato che alcuni jihadisti di ritorno dalla Siria e dell’Iraq avrebbero dovuto sottrarsi a qualsiasi azione giudiziaria perché “ingenui”.
In Germania, la dhimmitudine ora è un fenomeno talmente profondo che di recente il ministro della Famiglia ha affermato che le aggressioni sessuali da parte dei migranti musulmani potrebbero essere evitate invitando nel paese le madri e le sorelle degli immigrati islamici già arrivati in Germania. Questa è stata la risposta del ministro tedesco a una interrogazione presentata al Bundestag in merito a quali “concrete misure educative e di prevenzione del pericolo” il suo ministero stava pianificando per “proteggere e informare a lungo termine le donne e le ragazze degli attacchi fisici e sessuali potenzialmente fatali aumentati in misura sproporzionata e perpetrati dal 2015” da parte dei migranti. Ecco la patetica risposta del ministro:
“…Da un lato ciò riguarda gli alloggi in cui vivono i giovani rifugiati non accompagnati. E ovviamente (…) sì (…) anche la cultura maschilista dalla quale essi spesso provengono. (…) Nei loro paesi di provenienza, tale cultura non è tenuta nascosta e si tenta di parlarne, e ovviamente di influenzarli, è abbastanza ovvio. (…) Abbiamo qui la relazione di un esperto, il professor Pfeiffer, il quale fornisce dei punti di partenza molto precisi (…) noi dobbiamo lavorare con i giovani e sappiamo che i ricongiungimenti familiari sono importanti (…) lui [il professore] dice che la stessa cosa vale per i giovani uomini autoctoni e per quelli provenienti da altri paesi, sono più facili da gestire se hanno vicino a loro le madri e le sorelle”.
L’Europa è piena di altri esempi recenti di dhimmitudine, offerti da innumerevoli attori statali e commerciali. C’è stata la rimozione di un crocifisso da parte in un giudice tedesco che presiedeva un processo a carico di un afgano accusato di aver minacciato un altro musulmano che voleva convertirsi al Cristianesimo; il brand di abbigliamento H&M ha ritirato dei calzini dal mercato la cui stampa ricorderebbe la parola “Allah” scritta in arabo capovolta, dopo alcune lamentele da parte di musulmani; un tribunale francese ha fatto cadere le accuse di istigazione all’odio a carico di un sospetto omicida musulmano, che aveva confessato di aver ucciso la sua vicina di casa ebrea, una donna di 66 anni da lui torturata prima di essere defenestrata al grido di “Allahu Akbar”. Secondo quanto riferito, due anni prima dell’omicidio, l’uomo aveva chiamato “sporca ebrea” la figlia della vittima.
E la lista è lunga. Sheikh Yusuf Qaradawi, il leader spirituale dei Fratelli Musulmani, che ha affermato che l’Europa sarà conquistata non con la spada, ma con la dawa, probabilmente non potrebbe essere più felice. L’Europa si genuflette per esaudire il suo desiderio.
Il segretario agli Esteri Boris Johnson si è limitato a dire:
“…ci dovrebbe essere un dibattito significativo sulle questioni legittime e importanti, che i manifestanti stanno sollevando e speriamo che le autorità iraniane lo permettano. (…) Le persone dovrebbero essere in grado di avere la libertà di espressione e di manifestare pacificamente nel rispetto della legge. (…) Noi (…) chiediamo a tutti gli interessati di astenersi dalla violenza e di osservare gli obblighi internazionali sui diritti umani”.
Judith Bergman è avvocato, editorialista e analista politica. Pezzo in lingua originale inglese: Europe: The Rapid Spread of Dhimmitude
Traduzioni di Angelita La Spada.
fonte: https://it.gatestoneinstitute.org/12129/europa-dhimmitudine
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