Iran: Rapporto Annuale Dell’Osservatorio Dei Diritti Umani – 2018
Redazione –
Quest’anno si celebrerà il 70° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, documento che proclama gli inalienabili diritti acquisiti da ciascuno in quanto essere umano. Allo stesso temp, l’Osservatorio per i Diritti Umani ha pubblicato il suo rapporto annuale per il 2018.
Ciò che segue è una parte dei dati ottenuti relativamente alla situazione iraniana. I numeri riportati nel rapporto sono stati elaborati sula base di fonti ufficiali o tratti da fonti affidabili non governative interne all’Iran, che,per trasmettere queste informazioni hanno messo a rischio le proprie vite.
Secondo il rapporto, a partire dal mese di Dicembre 2018, ci sarebbero state almeno 285 esecuzioni, incluse quelle di quattro donne e di 6 individui che sarebbero stati condannati a morte per crimini commessi da minorenni. Il rapporto stima che durante la protesta della durata di un mese dello scorso Gennaio, sarebbero stati effettuati 8.000 arresti arbitrari, sarebbero state uccise almeno 58 persone e 12 tra i manifestanti imprigionati sarebbero stati uccisi sotto tortura.
L’Osservatorio per i Diritti Umani in Iran invita la comunità internazionale a far sì che l’Iran risponda dei suoi crimini contro l’umanità, e la esorta a supportare il popolo iraniano nella sua lotta per l’ottenimento dei diritti umani fondamentali. Recentemente l’autorità giudiziaria di Arak ha condannato 15 lavoratori della HEPCO a 74 frustate, ad uno o due anni di carcere, ed ha emanato sentenze, che sono state sospese, che prevederebbero 5 anni di carcere, il tutto per la protesta da loro sostenuta nel mese di Giugno, contro il mancato versamento dei loro salari e vantaggi, ed il fallimento del governo nel mantenere le sue promesse. Essi sono stati accusati di “disturbo dell’ordine pubblico” e di “propaganda contro il regime”.
Secondo i media di Stato, lo sciopero nazionale degli autotrasportatori contro gli alti prezzi ed il mancato pagamento degli stipendi, avrebbe avuto come conseguenza un avvertimento ufficiale della magistratura, in cui gli scioperanti sarebbero stati minacciati con “dure sanzioni” nel caso avessero deciso di proseguire le loro proteste. L’emittente statale IRIB ha riportato che il Procuratore Generale Mohammad Jafar Montazeri ha dichiarato che, secondo le severe leggi contro il furto, gli autotrasportatori in protesta sarebbero potuti andare incontro alla pena di morte. Sono stati arrestati almeno 264 autotrasportatori in sciopero.
Allo stesso modo, nel 2018 sono state inflitte diverse pene crudeli, incluse l’amputazione delle mani e le fustigazioni.
• Almeno 110 persone sono state condannate alla fustigazione
• È stato riportato almeno un caso di amputazione
• Almeno 11 persone sono state fustigate
Le autorità giudiziarie iraniane userebbero confessioni ottenute sotto tortura come prove nelle aule di tribunale, anche in casi che terminerebbero con condanne a morte. Nel mese di Giugno, la magistratura iraniana ha approvato una lista di 20 avvocati per rappresentare le persone accusate di crimini contro la sicurezza nazionale – molte delle quali attivisti per i diritti umani – nei tribunali di Teheran durante la fase di indagine, nonostante ci siano più di 20.000 avvocati iscritti all’albo.
I tribunali, in Iran, sono sotto il controllo del Leader supremo, Ali Khamenei, e si sospetta che i giudici, soprattutto quelli che presiedono i Tribunali delle Rivoluzione, siano nominati sulla base delle loro opinioni politiche ed affiliazioni.
L’Iran è il primo paese al mondo per esecuzioni capitali pro capite, con diverse impiccagioni eseguite in pubblica piazza.
• Almeno 285 persone sono state giustiziate
• Almeno 11 persone sono state giustiziate in pubblico
• Almeno 10 prigionieri politici sono stati giustiziati
• Almeno 4 donne sono state giustiziate
• Almeno 6 persone sono state giustiziate per crimini commessi prima del compimento della maggiore età.
Le minoranze religiose continuano a subire attacchi sistematici, in particolare i bahai ed i convertiti al cristianesimo dall’islam. Allo stesso modo le minoranze etniche inclusi i curdi, i beluci, gli azeri, i lor e gli arabi, sono da anni a repressione per mano della autorità iraniane.
Per quanto riguarda l’accesso al divorzio, l’impiego, i pari diritti di eredità e le cariche politiche, la famiglia ed il diritto penale, le donne subiscono discriminazioni de juro e de facto.
Nel Global Gender Gap Report del 2017 l’Iran occupa il 140° posto su 144. La presenza femminile nei consigli comunali è pari all’1.7%, e nelle alte cariche amministrative le donne scompaiono. Le donne sono state le prime vittime della bancarotta iraniana, dal momento che questa ha portato a numerose restrizioni sui oro impiego ed educazione.
Il rapporto affronta anche il deplorevole sistema carcerario iraniano.
Vengono descritte le inumane ed antigieniche condizioni del tristemente famoso carcere di Evin, con riferimento al sovraffollamento, alla scarsità d’acqua calda e di ventilazione, ed alle infestazioni di scarafaggi e topi. La carenza di letti costringe i detenuti a dormire sul pavimento, anche durante i mesi più freddi, ed i pasti vengono descritti come “a malapena commestibili”.
Nel rapporto viene anche citata la prigione di Raja’i Shahr, dove sono detenuti pericolosi criminali, e gli scontri tra carcerati sono all’ordine del giorno.
A causa di questioni idriche ai prigionieri è consentito l’accesso al bagno durante un numero limitato di ore; essendoci disponibilità di acqua calda solo per un’ora al giorno, molti dei detenuti sono stretti a lavarsi con l’acqua fredda. Ai prigionieri viene anche negato l’accesso alle cure mediche.
Durante le visite, i detenuti e loro famiglie vengono umiliati con perquisizioni invasive ed offensive.
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