La denuncia del sistema non democratico per l’accesso all’informazione preelettorale
di Domenico Letizia –
Si è svolta il 20 febbraio una conferenza stampa organizzata dal Partito Radicale Nonviolento sull’attualità della libera informazione in Italia e l’accesso all’informazione prima del processo elettorale. “Dal diritto di conoscere per deliberare alla volontà di condizionare.
La campagna elettorale tra AGCOM e Osservatorio di Pavia, dati e denunce”, che ha visto la partecipazione di Maurizio Turco, Marco Beltrandi e Giuseppe Rossodivita. Durante la conferenza vengono presentati dei dati sull’attualità del regime dell’informazione e sulla scomparsa dai monitoraggi elettorali di numerose personalità e liste non legate alle principali formazioni politiche.
In particolare, secondo i rilievi mossi dal partito radicale, i diversi direttori di rete e di testata e il direttore generale non avrebbero adempiuto, ognuno per la sua singola posizione e responsabilità, alle direttive del vero diritto all’informazione che consiste in un riequilibrio in favore delle altre liste minori.
L’ex deputato Marco Beltrandi studiando i dati dell’Agcom e dell’Osservatorio di Pavia ha ribadito le ragioni dell’attualità non democratica del regime dell’informazione, evidenziando come vi siano alcuni partiti che hanno “diritti di cittadinanza in televisione” e altre formazioni, tra cui il Partito Radicale, che non hanno alcun accesso all’informazione pubblica.
Il Partito Radicale ha da tempo e con sempre maggiore puntualità e precisione, rigore e vigore, documentato la situazione fallimentare, cui ostracismi, mistificazioni, uso antidemocratico dei poteri statali e privati, compresi quelli dell’informazione. La denuncia del Partito Radicale sembra così legarsi ai rischi denunciati dai servizi segreti italiani riguardanti l’utilizzo di attacchi cyber e diffusione di notizie false per condizionare il voto elettorale.
In particolare, spiegano i Servizi di intelligence nella Relazione 2017 sulla politica dell’informazione per la sicurezza, “tali campagne hanno dimostrato di saper sfruttare, con l’impiego di tecniche sofisticate e di ingenti risorse finanziarie, sia gli attributi fondanti delle democrazie liberali, dalle libertà civili agli strumenti tecnologici più avanzati, sia le divisioni politiche, economiche e sociali dei contesti d’interesse, con l’obiettivo di introdurre, all’interno degli stessi, elementi di destabilizzazione e di minarne la coesione”.
Per quanto riguarda “la tipologia di attori ostili”, anche nel 2017 ha trovato conferma il trend che vede nei gruppi hacktivisti la minaccia più rilevante in termini percentuali, con il 50% degli attacchi a fronte del 14% riferibili a gruppi di cyber-espionage. Entrambe le categorie hanno fatto registrare una flessione, rispettivamente, pari al -2% ed al -5%, a fronte di un aumento dei cd.
“Attori non meglio identificati”, che si sono attestati al 36% delle incursioni cyber. Elevato si è mantenuto, infatti, il numero complessivo di eventi per i quali non è stato possibile disporre di elementi univoci in termini di attribuzione e che, pertanto, sono stati inseriti sotto tale categoria. D’altronde è recente la pubblicazione del rapporto americano che analizza gli attacchi hacker e le campagne di disinformazione realizzate attraverso la disseminazione di fake news che l’opposizione democratica al Congresso Usa ha sollevato circa la possibile interferenza della Russia nelle elezioni di almeno diciannove nazioni europee, Italia inclusa.
L’allarme è giunto attraverso un rapporto commissionato dal senatore Benjamin Cardin, influente membro della commissione esteri del Senato Usa, lungo 206 pagine e intitolato “L’assalto asimmetrico di Putin alla democrazia in Russia e in Europa: implicazioni per la sicurezza nazionale Usa”.
Stando al dossier, alle elezioni politiche del prossimo 4 marzo “l’Italia potrebbe essere un target dell’interferenza elettorale del Cremlino, che probabilmente cercherà di promuovere partiti che sono contrari a un rinnovo delle sanzioni Ue contro la Russia”.
Sembra sempre di più affermarsi in ottica transnazionale la visione di Marco Pannella circa la necessità di promuovere un diritto umano alla conoscenza per la transizione verso lo stato di Diritto.
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