La Resistenza iraniana e il tredicesimo meeting a Parigi
di Loredana Biffo –
Si è svolto a Parigi il 1 luglio il tredicesimo meeting internazionale della Resistenza Iraniana, con la partecipazione degli iraniani provenienti da tutto il mondo, erano circa centomila le persone presenti; con la partecipazione di delegazioni politiche del Canada, Stati Uniti con vari personaggi tra cui Rudolf Giuliani, Gran Bretagna, Spagna, Germania, Polonia, Albania e molte altre. Presente anche l’ambasciatore Giulio Terzi , Antonio Stango, Ingrid Bentacourt Rama Yade Human Rights e molti altri.
La cosa che ha avuto un particolare impatto è stata la presenza di una delegazione araba rappresentata da Prince Turki bin Faisal Al Saud, che ha dichiarato l’ostilità tra Iran e Arabia Saudita fin dall’insediamento di Khomeini – cosa che va a confermare nel caso ci fossero dubbi, che la questione del terrorismo internazionale nasce da una lotta interna tra mondo sciita (rappresentato dall’Iran) e mondo sunnita (Arabia Saudita) che per ovvie ragioni opportunistiche auspica alla caduta del regime iraniano. Naturalmente quando si è parlato di diritti umani e questione femminile il rappresentante dell’Arabia Saudita si è astenuto dal fare qualsiasi commento.
Maryam Rajavi Presidente del National Council of Resistance of Iran ha dichiarato che è sempre più urgente arrivare al rovesciamento di questo regime sanguinario che altro non è che un Islam politico e reazionario su base religiosa, che ha avuto origine nel 1979. Quando Khomeini prese il potere, fondando la Repubblica Islamica Iraniana e dichiarando il proprio disprezzo nei confronti dell’Occidente, nonché l’obiettivo di esportare l’Islam radicale in tutto il Medio Oriente. La teocrazia iraniana da allora ha fomentato e foraggiato il Jihadismo, attraverso Hezbollah e Hamas in Palestina. Ora, influenza tutta la zona mediorientale, tentando di allargare il concetto di Islam politico basato sulla sharia e sulla sottomissione femminile.
L’islamismo politico e sociale è un nuovo pericolo di fondo – e di lungo periodo − fin dal 1979, quando un regime islamista assunse il potere nell’Iran degli Ayatollah, dichiarando ostilità e disprezzo per l’Occidente. Finché non cadrà il regime islamista in Iran, appariranno sempre nuovi gruppi islamisti che vorranno conquistare il potere, certi di poterlo fare prima o poi, certi che uno stato islamista possa aver un successo di lungo periodo nel mondo contemporaneo e tornare persino a costruire un impero.
L’Iran è un paese di grandi tradizioni culturali e politiche e occupa una posizione geografica da cui può controllare e influenzare tutto il Medio Oriente, l’Asia Centrale e parte dell’India, grazie alla continuità territoriale e alla sua posizione di arroccamento nelle valli di montagna che discendono verso le pianure circostanti. L’Iran è una specie di enorme fortezza naturale che domina le pianure dell’Iraq, del Pakistan, dell’Afghanistan e del Turkmenistan, come si vede nella mappa fisica sopra.
Dal VI secolo avanti Cristo fino alla metà del XVIII secolo il territorio dell’attuale Iran fu il centro di una successione di grandi imperi che si estendevano dal Mediterraneo all’India e all’Afghanistan. Soltanto lo sviluppo dell’Impero Inglese e dell’Impero Zarista in epoca industriale ridussero l’Iran a regione di secondo rango, benché mai conquistata da nessuna potenza straniera. L’egemonia culturale e politica iraniana ha lasciato un segno profondo nella mappa linguistica della regione, come si vede qui a fianco.
L’Iran degli Ayatollah non ha mai nascosto le sue mire egemoniche sulla regione, proprio come non le nascondeva la Russia, e da decenni suscita ribellioni fra le minoranze sciite che vivono all’interno del mondo sunnita, o si allea con i nemici interni dei governi sunniti.
Maryam Rajavi ha sostenuto che è fondamentale inserire il Regime degli Ayatollah nella lista dei terroristi internazionali e favorire in tal modo la Resistenza nel rovesciamento autonomo del regime, che è a portata di mano perchè il popolo iraniano è pronto, senza interventi esterni che come si è visto in passato, non hanno mai favorito l’instaurazione della democrazia.
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