Ci ha lasciati Mario Almerighi, un uomo di valore
di Loredana Biffo –
Caro Mario, la tua scomparsa è un dolore profondo quanto il vuoto che una persona come te può lasciare a chi ha avuto il privilegio di esserti amico. Ricordo quel giorno in cui ti venni a prendere all’aeroporto di Torino in occasione del dibattito per la presentazione del tuo libro La borsa di Calvi. Quella giornata insieme è indimenticabile, parlammo di tante cose, della situazione difficile del Paese, della politica, della giustizia, dello spettacolo che Fabrizio Coniglio aveva organizzato sul tema del libro e che andava in scena la sera a Torino dopo la presentazione di questo. In macchina ridemmo divertiti del fatto che avevo dovuto far guidare mio marito perchè mi ero accorta di avere la patente scaduta, tu esclamasti: “santo cielo! Se ci fermano finiamo su tutti i giornali, un magistrato in pensione e una giornalista che ha la patente scaduta viaggiano abusivamente”. Parlammo molto ricordando Giovanni Falcone tuo grande amico e degli anni delle stragi, mi raccontasti dei tuoi progetti per il nuovo libro, del tuo adorato cane Falco, della tua casa nella campagna romana dove ti rifugiavi per scrivere.
La presentazione del libro fu un dibattito bello e appassionato con la redazione di Caratteri Liberi. Successivamente ci tenemmo in contatto e parlammo spesso parlato di problemi personali, famigliari, lavoro, del libro che stavo scrivendo anche dietro tuo incoraggiamento; poi due mesi fa non ricevendo risposta ad una mail, ti telefonai, avevo un nodo in gola, una sensazione di tristezza. Tu rispondesti con voce stanca e mi raccontasti della tua malattia. Un tonfo al cuore, il non saper cosa dire e l’amarezza dell’impotenza, ci ripromettemmo di scriverci per parlare del nuovo spettacolo che Coniglio voleva portare in scena, tu mi dicesti: “la testa è l’unica cosa che mi funziona ancora”, fu l’ultima volta che ebbi tue notizie.
Un paio di giorni fa pensai di scriverti in occasione della pasqua, perchè temevo di essere inopportuna telefonandoti, quella brutta sensazione di non sapere qual è la cosa giusta da fare. Oggi apprendo della tua morte, un brutto giorno, triste e freddo, in cuor mio speravo che saresti riuscito a farcela, caro amico battagliero e grande uomo, mi mancherai.
Mario Almerighi è morto la scorsa notte all’età di 78 anni: ex presidente del Tribunale di Civitavecchia, nel 1976 fu eletto al Consiglio Superiore della Magistratura , testimone dell’omicidio dell’allora vice presidente del Csm, il prof. Vittorio Bachelet.
Almerighi è stato poi giudice istruttore a Roma e aveva, tra l’altro, indagato sulla morte di Roberto Calvi, scoprendo per primo che si era trattato di omicidio e non di suicidio. Alla sua attività di magistrato e giudice aveva affiancato negli anni anche quella di scrittore e sceneggiatore di storie a sfondo giudiziario.
Tra i suoi lavori “I banchieri di Dio”, proprio legato alla vicenda Calvi, “Diritto e ambiente”, “Petrolio e Politica”, “Tre suicidi eccellenti”, “Mistero di Stato” dedicato alla morte dell’ispettore Donatoni, e “Suicidi?” – Castellari, Cagliari, Gardini”, da cui è stato tratto un altro adattamento teatrale portato ancora una volta in scena da Bebo Storti e Fabrizio Coniglio. Mario Almerighi era stato tra i fondatori, assieme a Giovanni Falcone, del Movimento per la Giustizia.
Caratteri Liberi propose un’intervista ai suoi lettori, di cui segnaliamo il link: http://caratteriliberi.eu/2015/04/24/cultura-e-societa/la-memoria-indelebile-di-un-giudice-alla-ricerca-della-verita/
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