A Torino il pasticcio dgli Isee travolge gli studenti universitari, le fasce minime finiscono in fascia massima
di Giovanna Cambiano
E’ caos davanti gli uffici dell’Ateneo torinese per chiedere spiegazioni dell’aumento della seconda rata delle tasse universitarieCirca duecento persone che si sono ritrovate la sorpresa di vedersi addebitata una tassa di 2.216,93 euro come seconda rata della retta universitaria.
Molti studenti dell’Università di Torino si sono visti inseriti all’interno della massima fascia di contribuzione in vista del pagamento della seconda rata da sborsare per usufruire dell’offerta didattica. Buona parte di loro, nonostante avessero presentato un regolare ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) per l’inserimento nelle fasce contributive ridotte, hanno ricevuto lo stesso avviso di pagamento entro il 17 aprile.
Facendo un punto della situazione: per l’anno corrente gli studenti hanno sborsato un importo, uguale per tutti, pari a 494,50 euro per la prima rata. La condizione economico-patrimoniale risultante dal valore ISEE e l’impegno dello studente (tempo pieno o tempo parziale) determinano l’ammontare della seconda rata.
Come ogni anno, si doveva presentare l’autocertificazione per l’inserimento nelle fasce contributive ridotte, dal 14 ottobre 2015 al 15 gennaio 2016 e durante il periodo finestra straordinaria dal 1 febbraio al 15 marzo 2016, penalizzati in quest’ultimo caso da una mora di 100,00 euro.
Coloro che non hanno presentato l’autocertificazione entro il termine del 15 marzo 2016 dovranno pagare la piena contribuzione indipendentemente dal reddito. Peccato che tra questi vi siano molti che invece l’hanno presentata regolarmente.
L’inserimento nella fascia massima di contribuzione scatta in automatico se nella banca dati INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale) non esiste un ISEE valido rilasciato entro il 15 marzo 2016 o non esiste l’ISEE per prestazioni agevolate per il Diritto allo Studio Universitario; se si utilizza un’attestazione ISEE scaduta o si dichiara un valore ISEE non riconducibile ad alcuna Dichiarazione Sostitutiva Unica (D.S.U.) in corso di validità e se lo studente non ha autorizzato il prelievo da parte dell’Università dei dati dalla banca dati INPS.
Ma i Caf dove si compilano gli ISEE, che era valido anche l’Ise dell’anno precedente., tant’è vero che il sistema informatico dell’università consentiva di procedere alla compilazione dell’autocertificazione, basandosi sui dati ISEE ancora in corso ed emessi l’anno precedente.
La novità di quest’anno consiste nel fatto che l’università procedeva in modo automatico alla conferma dell’ISEE dalle banche dati dell’INPS per via telematica, dopo aver ricevuto l’autorizzazione da parte degli studenti. Proprio questo passaggio potrebbe aver causato il disagio per gli studenti, soprattutto per quelli che hanno presentato l’ISEE durante il periodo della finestra straordinaria.
Le informazioni rilasciate ieri dall’Ateneo sono alquanto confuse e provvisorie, in sostanza una famiglia “tipo”, con due iscritti all’università dovrebbe pagare in totale una retta annuale (considerato che 499 sono già state versate a settembre per la prima rata uguale per tutti) di 5.433,86 euro; e stiamo parlando di gente che era in fascia minima in base ai parametri ISEE, quindi con redditi bassissimi.
Non resta che sperare in un errore generato da un sistema burocratico perverso, che con i nuovi parametri ISEE già lo scorso anno aveva causato ritardi e disguidi anche per la compilazione, comportando anche slittamenti nella compilazione delle autocertificazioni.
Altrimenti si metterebbero molti iscritti nelle condizioni di rinunciare al percorso universitario. Un pessimo traguardo per la cultura, la formazione e il preoccupante numero di abbandoni. Tutto questo andrebbe molto oltre gli slogan governativi sulle riforme che tanto farebbero crescere il Paese.
Perchè tra i tagli, la difficoltà della ricerca e quant’altro, anziché agevolare i redditi bassi, gli si mette un tetto massimo per molti insostenibile? Considerando che l’Italia ha il più basso numero di laureati i Europa, non è certo una mossa vincente.
A voler pensar male verrebbe da dire che giocando su cavilli burocratici si baypassa la questione dei “redditi bassi” e si impone una tassa iniqua perchè uguale per tutti, e se come diceva un noto politico italiano “A pensar male si fa peccato ma quasi sempre ci si azzecca”, vogliamo sperare che non sia così, che il diritto allo studio non venga abolito tout- court con mezzi da Repubblica delle banane. Mala tempora.
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