La lunga storia del conflitto tra sciiti e sunniti
di Loredana Biffo
L’esecuzione di Al Nimr in Arabia saudita, fomenta ulteriormente un focolaio di tensioni e antagonismi che da sempre intercorrono tra sciiti e sunniti, mandando in rotta di collisione la Repubblica islamica iraniana con Riad, protagonisti di un conflitto settario secolare.
Questo a dimostrazione che la frattura all’interno del mondo islamico è profonda, e non è solo una questione di “occidente nemico” il magma che agita gli animi, bensì di questioni tribali profondamente legate all’interpretazione del corano; a dispetto delle giaculatorie sull’islam “religione di pace”; definizione peraltro intrinsecamente errata quanto futile se applicata alle religioni monoteiste, che sul piano dogmatico e scritturale; viene smentita anche da un punto di vista storico.
Il Rischio che il panorama mediorientale si infiammi oltre la già incandescente situazione, è molto forte perchè dovuto all’antagonismo dei due “giganti” Iran e Arabia Saudita, che sono gli artefici di una frattura religiosa e di potere atavica; che vede l’Arabia Saudita impegnata in un braccio di ferro con il terrorismo che non è rappresentato solo da Isis, ma a anche da movimenti sciiti come gli Houti dello Yemen (dove incombe la longa mano dell’Iran), ma soprattutto da Hezbollah, il partito politico libanese con esercito obbediente al clero che governa dal 1979 quando Khomeyni fece il suo ingresso a Theran e in quell’occasione dichiarò: “La Repubblica è un giocattolo della democrazia, che è fonte della corruzione“.
Si consideri il fatto che normalmente si sostiene che l’islam non distingue tra religione e politica, in realtà la questione è più complessa, perchè il binomio religione/politica è un costrutto sociale voluto da gruppi dominanti nelle varie fasi storiche.
La questione del califfato, o meglio, dei “califfi ben guidati”, risalente ai primi secoli dell’islam, si è rivelato un ideale utopico. Il fattore religioso nella storia dell’impero musulamano, è sempre stato un “sistema di controllo sociale” che dava ampi poteri a chi governava gli individui, perchè trovava legittimazione dalla religione stessa. La coassialità tra la religione e la politica, è semplicemente il frutto dell’ organizzazione di un potere costituito che imponeva addirittura la “linea interpretativa del corano”.
Quel che ha generato conflitti interni molto forti, è il fatto che i pensieri filosofici e scientifici del mondo arabo, sono stati elaborati in modo funzionale alla legittimazione ideologica dei poteri costituiti ( A. al-Jabri) e questo ha generato forti conflitti interni al potere, si veda tra gli ommayade e abbasidi.
Max Weber sostenne che in contrasto con “La religione protestante e lo spirito del capitalismo”, l’islam si configura come “religione dall’etica guerriera”. Mentre il calvinismo concepiva la dottrina della “predestinazione”, l’islam concepisce il “martirio in battaglia”. Anche se Wber non ha analizzato il “modello ascetico di massa”, ovvero l’autodisciplina, in comune vi è la fede del credente che è chiamato a rispondere direttamente a Dio dei propri comportamenti (anche nell’ebraismo vi è il “patto con Dio”), senza l’intermediazione di un sacerdote. Motivo per cui l’islam è privo di “istituzione ecclesiastica”.
La divisione tra sunniti e sciiti è risalente a poco tempo dopo la morte del profeta Mohammad e ha una dimensione più politica e geostrategica che teologica. Anche se attualmente il paese a maggioranza sciita è l’Iran non è corretto identificare lo sciismo con il fatto di essere persiani, questo si differenzia dal mondo arabo che è prevalentemente sunnita.
Nel sedicesimo secolo lo sciismo è diventato dominante in Iran, ma in origine era maggiormente arabo – dopo l’invasione araba in Persia, si è consolidato, e l’elemento di discussione è stato centrato sulla successione del profeta.
Contrariamente a quanto comunemente si pensa, il conflitto che dominerà il medioriente non sarà quello israelo-palestinese, ma quello tra il mondo sciita – Iran – e quello sunnita che comprende Arabia Saudita e Turchia. La questione delle condanne a morte di questi giorni potrebbe rivelarsi determinante in questa guerra interna all’islam.
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