La Russia fra sanzioni e impegni militari
Redazione
Con il consenso di Assad, la Russia ha preso possesso dell’aeroporto militare di Latakia, sulla costa siriana, dove ora dispiega abbondanza di mezzi e armi (foto sotto).
Più a sud, a Tartus, la Russia ha una base navale e sottomarina. Il mondo si chiede che intenzioni abbia ora Putin. Che intenda impedire che la costa siriana cada in mano a gruppi che considera ostili è ovvio.
Si osservi la mappa: il controllo di Tartus e di Latakia assicura ai Russi il controllo di tutta la costa siriana. Che i Russi vogliano salvare il governo di Assad − o quanto meno salvare la vita a lui e ai suoi fedeli in caso di disfatta – è cosa risaputa. Ma per salvare Assad la Russia parteciperà alla lotta per Homs? Homs è la città chiave, perché è il crocevia di tutte le strade siriane.
Chi controlla Homs controlla i rifornimenti di Damasco e controlla la via fra i giacimenti petroliferi dell’interno e la costa. Tutti i gruppi in lotta in Siria, qualunque sia il loro schieramento, in questi giorni si scontrano per Homs. Se i Russi partecipassero alla guerra per Homs, potrebbero essere coinvolti anche inavvertitamente in scontri aerei con Americani o Turchi, oltre che contro le milizie da loro sostenute sul terreno.
Israele non partecipa in nessun modo alla guerra in Siria, ma ha subito chiesto un incontro con Putin per conoscere le intenzioni russe, perché anche gli aerei da ricognizione israeliani che sorvegliano lo spazio aereo attorno ai confini, fino in Libano e in Siria, potrebbero trovarsi accidentalmente in scontri con gli aerei russi.
Il Cremlino da tempo fa sapere che Putin vuole un incontro con Obama per parlare di Siria, ma Obama non risponde ai suoi messaggi. Se è vero, potrebbe significare che i Russi vogliono mettersi in posizione di forza sul terreno in Siria per poi aprire un’ampia trattativa, che metta sul tavolo tutte le questioni aperte: le sanzioni imposte per l’Ucraina, il futuro di Assad e della Siria, gli interessi e i diritti inalienabili della Russia in Europa e in Medio Oriente.
Le sanzioni europee scadono a gennaio: presto occorre decidere se rinnovarle oppure no. Nelle ultime settimane la zona di frontiera fra Russia e Ucraina è rimasta calma, senza nuovi scontri. È un caso, o è un segnale esplicito di distensione?
Unitamente al crollo dei prezzi dell’energia, le sanzioni hanno provocato ampi danni all’economia russa e al bilancio dello stato russo. Tutti i progetti di sviluppo di nuove infrastrutture per l’energia sono stati congelati per cinque anni, fino al 2020. Potrebbe essere giunta l’ora di un accordo di Putin con l’Unione Europea e con gli USA?
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