L’opacità del sessismo e le sue conseguenze socialmente accettate
di Loredana Biffo
Il recente episodio di stupro su una spiaggia di Rimini, avvenuto a Ferragosto ai danni di una ragazza di 27 anni, riporta all’attenzione – sempre troppo scarsa – sul fenomeno della violenza maschile.
E’ interessante focalizzare l’attenzione sulla decisione di istituire “squadre speciali antistupro” che avrebbero il compito di rastrellare il territorio, e prevenire atti di violenza nei confronti delle donne, ovviamente considerate il “sesso debole” e quindi bisognose di protezione. Il tutto gestito da poliziotti con venti anni di servizio, e che non mancano di lamentare la carenza di figure femminili all’interno delle forze dell’ordine, che sarebbero utili alla gestione del delicato problema delle violenze sessuali.
Sulla questione si sono largamente cimentate le principali testate, che hanno molto valorizzato il ruolo della repressione, nonché si sono sperticate in lodi agli operatori – “maschi” – delle forze dell’ordine; ma non è stato messo in luce il fatto che oltre alla repressione servirebbe la prevenzione, che si attua nella forma più pervasiva ed efficace attraverso l’educazione, la comunicazione, smantellamento degli stereotipi, e ancor di più attraverso un cambiamento culturale che in questi fattori ha la sua variabile dipendente.
Possiamo ragionevolmente sostenere che la società italiana è ancora pervasa da un marcato sessismo, che ha proprio la caratteristica di essere così radicato nella quotidianità da diventare invisibile, opaco, difficile quindi da concettualizzare e combattere.
Il quadro che ne esce da questi episodi di violenza e di narrazione delle cronache, è un pericoloso atteggiamento paternalista che continua a collocare l’immagine femminile nel limbo delle creature deboli da difendere, e reitera la figura maschile – violenta – che agisce in virtù della sua “natura” predatoria. Salvo poi attivare il modello speculare della figura femminile malvagia quando si verificano episodi di infanticidio, abbandono ecc.
Naturalmente queste sono le due immagini storicamente rappresentanti il mondo femminile (di cui le religioni monoteiste hanno il merito di aver fatto un lavoro millenario sull’implementazione dello stereotipo dell’inferiorità della donna) che ne esce comunque minoritario e subalterno a quello maschile, il quale detiene saldamente il potere proprio attraverso la reiterazione di tali modelli. Si pensi al caso della giovane donna ingegniera considerata troppo avvenente per tale mestiere (sic).
Eva Cantarella (1981) scrisse un libro sulla condizione della donna nell’antichità greco-romana, dove un verso di Euripide definiva la donna “un ambiguo malanno”. E ancora oggi viene collocata in una dimensione di binomio debole/malvagia, a seconda di come conviene.
Mai che a qualche politico illuminato venga in mente che sarebbe il caso di smantellare il modo in cui si comunica attraverso l’oggettivazione della donna, di istituire dei corsi scolastici dove si parli del genere e degli stereotipi, nient’altro che un’educazione al sociale in fin dei conti. Per non parlare di fare educazione sessuale nelle scuole, figurarsi, si correrebbe il rischio di incorrere nelle bacchettate della draconiana Santa Madre Chiesa, alla quale sappiamo bene quanto la nostra classe politica sia devota.
Del resto tutti i gruppi dominanti creano ideologie atte a giustificare come e legittimo e moralmente necessario il loro dominio, tali ideologie vengono accettate o subite dai membri dei gruppi dominati. Ed è così che lo stupro viene considerato un evento ineluttabile, che si può evitare solo attraverso il “controllo” di un territorio.
Queste sono forme subdole di sessismo che pervadono la società, ma i sessisti moderni credono di essere a favore dell’uguaglianza, non rendendosi conto di trattare in modo differenziato le persone in base all’appartenenza di genere, contribuendo così al mantenimento della discriminazione.
L’ideologia sessista, è funzionale a legittimare l’inferiorità femminile mediante un potente sistema di costrutti sociali che si articolano in diverse forme di sessismo. Poichè le tradizioni vengono date per scontate, storicamente il trattamento delle donne va in direzione del mantenimento di uno status inferiore e da tutelare. Questo è un modello da scardinare se si vuole risolvere il problema, e cominciare a lavorare sullo smantellamento delle tradizioni, che non implicano una “propria bontà” semplicemente perché esistono.
La battaglia è oggi più ardua rispetto al passato, perché il sessimo è più viscido e subdolo rispetto al maschilismo storico; si pone come benevolo, e rende difficile il riconoscimento alle donne stesse.
Il neo sessismo si articola nella credenza che la parità sia stata raggiunta, e che pertanto le misure di contrasto alla discriminazione siano inopportune o addirittura si corra il rischio di introdurre pregiudizi contro gli uomini. E’ così che il diniego della discriminazione sopisce le voci di protesta rendendo più difficile far scattare meccanismi di protesta e azioni collettive, pena, il consolidamento del sistema.