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Grillo, “non sono un democratico”. A che gioco stiamo giocando?

febbraio 20, 2014 • Articoli, Politica, z in evidenza

Camera dei Deputati - Consultazioni del Presidente del Consiglio incaricato Matteo Renzi

“Governare”, non nel senso del cosiddetto “potere esecutivo”, significa risolvere conflitti, anche attraverso la regolazione della vita collettiva, perché l’armonia della convivenza non è sempre spontanea. Una delle regole della democrazia è che l’opinione politica dei cittadini deve potersi formare liberamente, ma come rendere possibile che opinioni politiche si formino liberamente? Cosa significa “terrorismo”? Cosa significa “democrazia”?

In una situazione scherzosa si potrebbe definire la democrazia come “un gioco”, ma è evidente che su questo tema di questi tempi c’è poco da scherzare, e si dovrebbe riflettere molto attentamente su quello che è il significato di una espressione molto abusata quale è ” gioco democratico”. In che senso lo si può definire un gioco? Nel senso che è divertente e gratificante? Oppure nel senso che è una finzione, una simulazione? 

Infatti tutto ciò è una definizione lessicale quando si parla del “teatrino della politica”, ma il significato è un altro. In realtà nelle democrazie del nostro tempo, nei regimi che definiamo “democratici”, assistiamo ad una conflittualizzazione estrema della politica, ma la politica come avrebbe detto Focault rovesciando Clausewitz è la continuazione della guerra con altri mezzi. Se la dimensione conflittuale è ineliminabile in quanto connessa alla lotta per il potere politico, necessita però di essere messa in relazione con la funzione essenziale del potere politico e del suo esercizio.
Il potere politico però ha una funzione assai più importante, che è quella di impedire che i conflitti tra interessi, bisogni, aspirazioni e ideali degli individui e dei gruppi lacerino il tessuto della convivenza civile. Quindi esercitare il potere politico, o meglio “governare”, non nel senso del cosiddetto “potere esecutivo”, significa soprattutto risolvere conflitti, anche attraverso la regolazione della vita collettiva, perché l’armonia della convivenza non è sempre spontanea.

Ebbene, il gioco politico ha molte possibili varianti, esso è un genere che comprende molte specie. Tanti sono i modi possibili, tanti quanti sono i regimi politici, nel senso più ampio le forme di governo. Il gioco politico è democratico finchè certe regole non vengono alterate o applicate in modo scorretto, e quindi si comincia a giocare ad un altro gioco.


Una delle regole della democrazia è che l’opinione politica dei cittadini deve potersi formare liberamente, cioè in assenza di condizionamenti e di interferenze discorsive, e mi riferisco al problema della manipolazione dell’opinione pubblica; poiché siamo nell’era dell’ “homo videns”, è quello dei mezzi di informazione. Ma come si fa a stabilire quando un atto è una forma lecita di persuasione o illecita di manipolazione? Come rendere possibile che opinioni politiche si formino liberamente? Sicuramente garantendo le condizioni minime di pluralismo di informazione e di persuasione vietando la grande concentrazione di questi mezzi, a rigor di logica escludendo dalla competizione politica chiunque possieda o controlli una quota di questi media.

Poiché definiamo processo di democratizzazione una sorta di avvicinamento che si può riscontrare o no nella realtà, è necessario un avvicinamento al paradigma di una corretta applicazione di tutte le regole del gioco democratico, se tale regime che chiamiamo democratico si allontana da questo paradigma, allora dovremmo parlare di una degenerazione patologica della democrazia.

In un contesto istituzionale già molto martoriato, assistere all’indicibile scempio di Grillo – che da “comico” è diventato “tragico” urlando a Renzi “io non sono democratico”. Un’invettiva che sta vedendo un escalation inquietante per la nostra già stremata democrazia. Si noti che il “grillo urlante” egli stesso non è stato eletto, e continua a non parlare di programmi, pur accusando tutti di tutto.

Pur non potendo esaudire la pretesa di una reale comparazione storica, non dobbiamo dimenticare che il fascismo dava segnali ben precisi di destrutturazione dello Stato liberale, ben prima delle “leggi fascistissime”, della svolta decisiva al totalitarismo, prima ancora dell’autarchia, dell’avvicinamento alla Germania nazista.

E’ necessario riflettere sulle precondizioni della nascita di una dittatura, non tanto per proporre paragoni tra ieri e oggi, che andrebbero visti con un occhio storico che richiede un’ulteriore passo, ma per individuare le inquietanti e innegabili analogie; si pensi al culto del leader, il primato del fare, la continua violenza politica alle opposizioni e alle istituzioni. E il loro malgoverno, è chiaramente da biasimare, ma non verrà certo risolto con la barbarie istituzionalizzata. In ultimo, con rammarico, bisogna ricordare che l’oscuro Benito Mussolini cavalcò anche lui l’onda del malcontento popolare, ma – purtroppo – per l’Italia, politicamente non era certo uno stupido o un’ignorante. Nonostante ciò la storia la conosciamo, per tale motivo, non dovrebbe essere permesso un simile comportamento intimidatorio da parte di un esagitato che dice “ti do solo un minuto per parlare e non ho tempo da perdere con te”. Qui un’autorità legittima dovrebbe prendere Grillo per i quattro stracci e sbatterlo “democraticamente” fuori dall’aula.

Insomma lo streaming è stato un ulteriore azzeramento della politica e smantellamento della vita democratica e istituzionale, del resto Grillo è uno dei degni figlio della famosa “madre degli imbecilli” sempre incintissima.


 

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