Pier Paolo Pasolini, la verità negata
di Loredana Biffo
I misteri in questo paese sono molti, non si arriva mai alla verità. E anche la morte di Pier Paolo Pasolini mistero dei misteri al quale non si è voluto fare chiarezza. Gli eventi del 2 novembre del 1975 all’Idroscalo di Ostia che portarono all’omicidio del grande scrittore bolognese resteranno avvolti dal mistero. E resteranno ignote e non attribuibili le tracce di 5 dna differenti, oltre quello di Pino Pelosi, rinvenute sul luogo della morte. Il lavoro della Procura di Roma finisce archiviato su decisione del giudice per le indagini preliminari. I tanti tasselli raccolti non sono stati sufficienti a scrivere una nuova verità sulla drammatica vicenda di quarant’anni fa.
Gli eredi del grande intellettuale avevano richiesto tramite denunce una nuova indagine. L’unica novità è che si è accertata la presenza di almeno 5 persone sulla scena del delitto, individuate dai carabinieri attraverso profili genetici «non attribuibili» sui vestiti indossati dal poeta la notte dell’omicidio e su alcuni reperti. Tutti senza nome e senza volto. L’unico condannato resta Giuseppe Pelosi, detto «la Rana», a cui furono inflitti 9 anni e 7 mesi di reclusione.
Nella vecchia richiesta di archiviazione i pm scrissero che oltre alla impossibilità di dare una «paternità» ai codici genetici individuati è anche impossibile collocarli temporalmente. «Non si può determinare – si spiega a piazzale Clodio – se quelle tracce siano precedenti, coevi o successivi all’evento delittuoso». Nessun elemento è arrivato, inoltre, dalle numerose testimonianze acquisite in questi anni di indagine compresa quella di Pelosi che aveva raccontato di una aggressione ai danni dello scrittore compiuta da almeno tre persone.
La nuova indagine era stata avviata dopo la denuncia presentata da Guido Mazzon, cugino della vittima, nel 2010. Il procedimento, però, era sempre rimasto a carico di ignoti. Il procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani e il sostituto Francesco Minisci non hanno potuto fare altro che affidare al gip la decisione sull’archiviazione. «La vera novità rispetto al passato è quella di aver riconosciuto, con molta probabilità, la presenza di altri soggetti oltre al Pelosi sulla scena del crimine, grazie agli accertamenti scientifici svolti, che hanno identificato 5 profili genetici sconosciuti», ha affermato l’avvocato Stefano Maccioni difensore di Mazzon, unica persona offesa presente nel procedimento.
Il penalista ha poi aggiunto: «Non nascondiamo tuttavia una evidente amarezza in relazione alle motivazioni addotte dal giudice a sostegno della propria ordinanza di archiviazione. Ancora una volta si è persa l’occasione per indagare sul vero movente di questo omicidio». L’avvocato Maccioni ha poi aggiunto: «Nell’atto di opposizione all’archiviazione avevamo fornito nuove piste investigative soprattutto in relazione ad evidenti incongruenze investigative dell’epoca, a collegamenti con la malavita comune romana e su cosa stesse lavorando Pasolini prima di morire».
E così nella migliore tradizione di un Paese legato inesorabilmente a massoneria, mafia e quant’altro, la verità continua a rimanere nel buio totale. Si è scritta un’altra pagina nera della nostra storia.
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