Ambasciator che porta pena
di Loredana Biffo
L’omofobia di matrice cattolica continua a imperversare. Questa volta la diatriba piuttosto grottesca riguarda Laurent Stèfanini, candidato francese per il posto di ambasciatore di Francia presso la Santa sede. Stèfanini pur essendo il candidato migliore, vista la sua cultura, già nominato capo del protocollo dell’Eliseo da Nicolas Sarkosy, e riconfermato da Francosise Hollande, e successivamente consigliere per gli affari religiosi del Quai d’Orsay, ha però il “difetto”, tanto avversato dalla Chiesa, di essere omosessuale.
Per questo motivo, l’ambasciata ha il posto vacante da oltre un mese, per una nomina che solitamente non è fonte di particolari problemi, a tal proposito la sala stampa vaticana ieri ha pronunciato un gelido “no comment”.
Insomma, il Vaticano nella migliore tradizione ultra conservatrice e omofoba, con il suo silenzio esprime l’evidente indice di “sgradimento” nei confronti di un eccellente candidato. Cero, dispiace dover deludere i numerosissimi editorialisti baciapile di destra e di sinistra che quotidianamente si contendono il primato di chi parla meglio e di di più del Papa, ma la questione riguarda il fatto che il Vaticano è uno Stato che potremmo definire “ormai insopportabilmente temporale”, e non saranno certo i tentativi di rifacimento del look da parte del suo capo a riformare un’istituzione irriformabile per definizione.
Permane vigorosamente, la nauseabonda subalternità intellettuale della stampa italiana e l’incapacità manifesta, ad analizzare i fatti, mentre impazzano a dirla uno più grossa dell’altro per dimostrare quanto questo pontefice sia secolarizzato.
Detto ciò passa del tutto inosservata dai media la manfrina dell’ideologia del gender, un’eresia tutta vaticana, infatti tale ideologia è del tutto inesistente, tranne che nelle menti contorte dei porporati.
Sarebbe più corretto dire a proposito della vicenda del candidato ambasciatore Stèfanini, che si rivela la solita inadeguatezza vaticana comprendere che uno Stato laico (ovviamente quello francese) che prevede la separazione tra le funzioni temporali e spirituali possa essere rappresentato da un omosessuale.
Del resto le difficoltà francesi con gli ambasciatori presso la Santa Sede, non sono certo una novità. Il posto rimase vacante anche nel 2007-2008 per un rifiuto di Benedetto XVI a Jean-Loupe Kuhn-Delforge (oggi ambasciatore francese in Grecia), omosessuale e unito con il suo compagno dall’unione civile Pacs; e a Denis Tillinac, scrittore, che aveva il “difetto” di essere sposato e divorziato. Ricordiamo che ancora oggi il divorzio non è accettato dalla Chiesa.
L’Eliseo insiste nel far sapere al Vaticano che Stèfanini è l’unico candidato desiderato per la sua competenza, e certo vien da chiedersi se le frasi ad effetto demagogico di Papa Francesco – luglio 2013: “Se una persona è gay e cerca il Signore, chi sono io per giudicarla?” – non siano tutto fumo e niente arrosto. O meglio, i vari lavaggi di piedi e pranzi in carcere, altro non sono che gesti “pietosi” in un’ottica di “tolleranza” pastorale, non certo il riconoscimento dell’altro come eguale, pare più una superba posa di superiorità.
Si potrebbe anche aggiungere che “anche se una persona non cerca il Signore”, non si ha facoltà alcuna di giudicare. Ma non aspirando a tanto in una visione cattolica, ci si potrebbe accontentare che la propaganda buonista e liberale (sic) messa in atto dal Papa, venga poi applicata nei casi di vita reale, questo potrebbe essere “un buon caso”.
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