Incultura istituzionale dell’oligarchia
di Loredana Biffo –
Il dopo referendum ci sta offrendo uno spettacolo kafkiano di quella che è la condizione istituzionale italiana. Il dimissionario Presidente del Consiglio Matteo Renzi – che in quanto tale non è investito di alcuna funzione istituzionale – si trova in realtà a Palazzo Chigi nel giorno e nel luogo delle consultazioni tra le delegazioni politiche partecipanti alla nomina di un nuovo Presidente del Consiglio.
Sarebbe corretto porsi una domada: “perchè Renzi non si consulta e va a disquisir di cose relative al partito nella sede del suo partito? Questo signore, ha perso un referendum che a suo dire doveva esse plebiscitario, ha dato uno spettacolo poco ortodosso presentandosi al seggio senza documenti, altrettanto dicasi delle dimissioni alquanto stravaganti con lo spoglio del voto ancora in corso; ora con l’arroganza tipica del soggetto, impazza nelle sedi istituzionali che dovrebbero essere a lui interdette, facendo sfoggio della sua “incultura istituzionale e politica”, tipica di chi pensa di essere un “padrone”; anzichè riflettere seriamente sull’esito del voto, il nostro si dibatte come un pesce fuori dalla bacinella nel tentativo di rientrare nel fiume della politica nonostante il sonoro ceffone datogli dagli elettori al referendum ( http://caratteriliberi.eu/2016/12/05/politica/httpcaratteriliberi-eu20161205politicati-do-un-ceffone-muro-ne-un-altro/).
La genesi delle regole non si spiega solo in termini di eliminazione degli effetti perversi della combinazione di strategie opportuniste ma anche come esito di compromessi tra attrori che tendono a conquistare regole del gioco a loro favorevoli, le istituzioni ricadono in una logica che vede la politica come luogo della competizione-conflittualità: servono ad avvantaggiare qualcuno contro qualcun altro o rappresentano un punto di equilibrio tra interessi diversi, certamente con questa nomina di Gentiloni siamo nella seconda situazione. La conquista (sic) di regole favorevoli è quindi uno dei punti principali di scontro all’interno delle stesse coalizioni.
I partiti che controllano l’esecutivo in un paese ideologicamente diviso tenderanno a tenere sotto controllo il Parlamento con regolamenti che evitino tecniche di ostruzionismo, la pubblica aamministrazione (rendendo meno stabili le carriere, e accentuando lo spoil system), a influenzare o peggio a manipolare e controllare pesantemente i media (ovviamente puntuali nel descrivere un Renzi triste e dimissionario e un Gentiloni emozionato per la nomina).
Mentre le opposizioni dovrebbero volere un Parlamento influente, pubblici amministratori di carriera e una stampa libera, chi controlla e pensa di controllare a lungo e in modo pervasivo l’esecutivo vorrà sempre più regole che trasmettano più rigidamente la propria volontà agli altri corpi dello Stato e alla società civile.
Poichè la genesi e lo sviluppo della politica come l’abbiamo vista in questi ultimi anni ha modificato pesantemente lo svolgimento delle elezioni, ci troviamo difronte ad una duplice anomalia, da una parte tra elettori ed eletti si è inserito un terzo soggetto: il partito, non si ha più una interazione dialogica tra eletti ed elettori, tra nazione e parlamento, perchè il partito “terzo incomodo” si è introdotto tra loro modificando radicalmente la natura dei loro rapporti.
Dall’altra parte, le elezioni avvengono in una fase dicotomica, scelta dei candidati fatta dai partiti e scelta tra i candidati fatta dagli elettori, che quando si recano alle urne per eleggere i propri governanti si trovano di fronte ad una possibilità di scelta limitata a sua volta da una scelta precedente, potendo scegliere solo tra candidati precedentemente selezionati dai partiti.
Ora la ciliegina sulla torta è che si aggira l’esito referendario negativo per il governo, con il trucchetto delle tre carte, e con la perdita di efficacia della rappresentanza. Questo significa riconoscere i limiti del potere dell’elettore, in un sistema dove la cooptazione del partito-apparato diventa elezione effettiva.
Ecco che l’accezione di “oligarchia chiusa” si ripresenta con tutta la sua forza, e il termine oligarchia sta ad indicare un gruppo dirigente chiuso, che si perpetua al potere con mezzi leciti, ma soprattutto illeciti e che si rinnova soltanto attraverso la pratica della cooptazione, potremmo banalmente dire della “sostituzione” nel caso di Gentiloni al posto di Renzi.
Possiamo tranquillamente sostenere che una tale dinamica autocratica dove i leaders formano gli uni con gli altri dei “patti difensivi”, dove chi perde cercherà comunque di reiterare la propria posizione di influenza. Risultato: una leadershcip stabile e inamovibile, chiusa nell’isolamento di una casta che si rigenera attraverso la cooptazione e il mancato rinnovo del gruppo dirigente. In dialetto piemontese una situazione di questo tipo indica l’essere nella “pauta”, ovvero nella melma.
« Articolo precedente Jaqueline Sauvage, concessa la grazia totale dal Presidente Hollande »