di Seila Bernacchi –
Sono state rese note ieri le motivazioni della sentenza del Tribunale di Cagliari che hanno consentito a Walter Piludu, malato di sla dal 2011, di sospendere i trattamenti di sostegno vitale che lo tenevano in vita.
Arrivato ormai al punto di non poter più comunicare se non grazie a un computer a comandi oculari, nel maggio di quest’anno attraverso il suo amministratore di sostegno aveva inoltrato richiesta al giudice tutelare del Tribunale di Cagliari di poter distaccare, previa sedazione, tutti i dispositivi medici che lo tenevano artificialmente in vita.
Nel novembre del 2014 aveva inviato inutilmente una lettera a tutti i principali leader politici in cui descriveva la sua situazione e chiedeva che la politica si facesse finalmente carico di elaborare una specifica legge sul fine vita rispettosa del diritto di autodeterminazione terapeutica.
Le motivazioni della sentenza che accolgono l’istanza di Piludu si basano su ben precise norme di rango costituzionale contenute negli artt. 3, 13, 32 che hanno già ispirato importanti e storiche sentenze degli anni recenti.
Dopo il caso Welby, di cui ricorre il decennale della morte il prossimo 20 dicembre, e il caso Englaro, quella di Piludu è la terza importante sentenza che riconosce “sia da escludersi che il diritto all’autodeterminazione terapeutica del paziente incontri un limite allorché da esso consegua il sacrificio del bene vita. [..] La salute dell’individuo non può essere oggetto di imposizione coattiva”.
Ancora una volta contro questi progressi del diritto si sollevano le voci cattoliche nel tentativo di squalificare ogni atto della magistratura che consenta agli individui di essere sovrani su se stessi. Marcello Palmieri sul quotidiano della Conferenza Episcopale parla di “interpretazione” della Costituzione da parte del giudice tutelare sardo, insinua scenari conturbanti (“cosa sia successo a quel capezzale di preciso non è noto”) mentre in un’intervista al giurista Andrea Nicolussi vengono inspiegabilmente poste sullo stesso piano vicende niente affatto assimilabili (Stamina, vaccinazioni).
E’ bene ricordare che il non avvio o la sospensione di trattamenti sanitari indesiderati – perché di questo si tratta – è un diritto costituzionalmente tutelato di ogni cittadino e i medici hanno l’obbligo di rispettare la decisione del paziente in merito.
E’ sconfortante, ma non imprevisto, riscontrare, ancora una volta, la confusione in cui incorre il giornale dei vescovi. Deludente è invece la lentezza se non l’indifferenza della politica nel deliberare su queste materie con la discutibile giustificazione che questi sono temi “divisivi” (fossero condivisi il legislatore non avrebbe ragione di esistere) o non prioritari (un argomento impugnato ogni volta che da 30 anni almeno si avanzano richieste in merito all’autodeterminazione dei pazienti in tutte le fasi della vita).
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