Iran, lo Stato teocratico dopo le elezioni farsa
La propaganda di regime in Iran, in vista delle recenti elezioni, è stata quanto mai agguerrita. Lo ha denunciato a gran voce Maryam Rajavi, Presidente eletta della resistenza iraniana che da anni si batte per un Iran democratico, e che conta all’interno del movimento dei Mojahedin del popolo, oltre il 50% di donne.
La lotta di potere al vertice è il riflesso dello stato del regime, che è sempre più in difficoltà – ha detto Maryam Rajavi. Ha aggiunto che la candidatura di Rafsanjani è un ridicolo slogan di Khamenei sulla “epopea economica e politica”, che indica in realtà lo stato di crisi di un regime sempre più traballante, che dal 1980 è stato alimentato da quattro grandi guerre, la prima delle quali fu quella durata otto anni con l’Iraq, che Komeini definì: “Una grazia di Dio”.
La vittoria del Mullah Rohani, è l’ennesima farsa di questo regime clericale e sanguinario, questi è nient’altro che il rappresentante dello stesso Khamenei presso il Consiglio superiore della sicurezza nazionale.
Per ben 34 anni ha avuto incarichi statali, quale responsabile principale per le trattative atomiche, grazie al quale ha portato avanti il piano per la realizzazione della bomba atomica.
E’ stato fautore di numerose leggi restrittive e misogine quali la lapidazione. Ha partecipato a tutti i livelli di organizzazione per il consolidamento delle basi del
regime islamico, sia in territorio estero: terrorismo internazionale, ed espansione della versione fondamentalista dell’islam nel mondo.
Ha approvato nel Consiglio superiore della sicurezza nazionale, numerosi provvedimenti repressivi contro studenti e manifestanti della rivolta alle elezioni farsa del 2008, che videro la finta vittoria di Adhamadinejad.
Quella che il regime teocratico iraniano sta combattendo, è una vera e propria guerra, anche se diversa da quelle a cui la storia ci ha tristemente abituati. Infatti quella degli Ayatollah, è una guerra di Servizi segreti, intercettazioni, controllo sull’informazione, comunicazione editoriale, polizia segreta, il VAVAK, che si trova in edifici che un tempo erano degli shah, VAVAK, o se meglio vogliamo precisare, SAVAMA, noto nella denominazione della Repubblica islamica, è la terribile polizia segreta iraniana.
Il regime, attraverso una sistematica campagna di denigrazione e boicottaggio nei confronti dei Mojaheddin del Popolo iranian, mescola le carte e volutamente confonde le fonti informative, attraverso la scarsa capacità di informare, da parte dei media internazionali.
Nel Paese sostanzialmente non è cambiato nulla, perchè la Costituzione è basata sul
“Velayat-e faqih’”, ossia la completa identificazione della politica nella religione. Non è previsto nessun potere per il responsabile esecutivo di prescindere alle fondamenta clericali del regime, che prevede la messa in pratica della sharia’.
Maryam Rajavi, ha dichiarato che chi si aspetta cambiamenti in seguito alla vittoria di Rohani, decantato come “riformista”, resterà deluso. Denuncia inoltre che durante lo svolgimento delle elezioni farsa, il regime ha sferrato l’ennesimo attacco a Campo Liberty in territorio iracheno al confine con l’Iran, dove sono rifugiati circa 3000 rifugiati politici iraniani ribellatisi al regime fin dalla guerra con l’Iraq.
Molti razzi hanno colpito il campo provocando molte vittime, di cui il numero è ancora imprecisato.
Il dopo elezioni è segnato in realtà dal bagno di sangue delle esecuzioni di 48 detenuti nel carcere di Karaj, che sono riprese come se niente fosse. Altri 4 sono stati giustiziati nella prigione di Gohardasht, tra cui una vittima di 25 anni – Afshar Saeed – arrestato a 15 anni d’età.
La presidente eletta della resistenza iraniana, Maryam Rajavi, definisce questa ondata di esecuzioni post elettorali, come una reazione da parte del regime volta a determinare un’atmosfera di intimidazione e terrore, che dovrebbe scoraggiare nuove rivolte, un monito al tentativo delle primavere arabe di aspirare alla democrazia, alla separazione tra Stato e religione, e al pieno rispetto dei diritti umani, in primis la questione femminile.
L’aspetto innovativo della rivoluzione che nella Repubblica islamica dell’Iran le donne stanno portando avanti, è che esse sono un “soggetto sociale” determinante per l’attecchimento della democrazia nei paesi islamici.
Portatrici di secolarizzazione e diritti umani, nello “Stato totale” iraniano, le donne hanno il coraggio di battersi per rovesciare un regime che non è riformabile, vogliono la separazione tra Stato e religione, un nuovo diritto di famiglia, la tutela della specificità di genere e il mutamento verso la modernità di una tradizione religiosa che le vorrebbe inchiodate a ruoli non più accettabili.
Chiedono il riconoscimento dei loro diritti, come “individui”, e aprono in tal modo la strada alla domanda di democrazia che una gran parte del popolo iraniano (e islamico in senso internazionale) vorrebbe, e che non è ancora riuscita ad ottenere a causa di un governo oscurantista e incapace di riconoscere i “diritti umani”, fondamento di qualsiasi società democratica.
La lotta femminile agli Ayatollah, costituisce l’argomento primario di questa sfida culturale che le donne dei paesi islamici hanno messo in atto, si pensi anche a paesi come l’Egitto e il Marocco, la Turchia, dove è evidente il tentativo di vanificare le “Primavere arabe” e tenere le donne “sotto tutela” del potere maschile in mano a dittatori.
In Iran il grado di minaccia sui diritti e la libertà delle donne, è proporzionale al grado di esportazione dell’integralismo da parte del regime dei Mullah in molti paesi islamici, lo scopo è l’islamizzazione totale. E’ proprio attraverso la separazione tra Stato e religione che si può aspirare ad un islam moderato e riformista, che fatica ad affermarsi a causa delle torsioni verso un’interpretazione ortodossa del messaggio coranico (che le correnti più integraliste tentano di imporre loro), che si potrebbe vedere un “rinascimento” nel mondo islamico.
Il movimento femminile iraniano, è uno dei fattori di richiesta di cambiamento verso una società liberale.