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Cassazione, condanna per il padre di una sposa bambina, è stupro

ottobre 2, 2016 • Articoli, Paralleli, z in evidenza

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di Loredana Biffo

La Cassazione ha rinviato a giudizio davanti al tribunale di Padova un nuovo caso di un padre indiano che ha ceduto in sposa la propria bambina. Si tratta di casi frequenti e relativi a stranieri che vengono a vivere nel nostro paese e che impongo alle loro figlie il matrimonio e i rapporti sessuali con uomini adulti che contraggono matrimonio nei loro paesi d’origine, e poi tornano a vivere in Italia.

Una vicenda non nuova in Italia, avvenuta in provincia di Padova dal luglio 2012 all’aprile 2013 e preceduta dalle nozze celebrate in Bangladesh nel gennaio 2012, venuta alla luce solo grazie al fatto che la sposa bambina ne ha parlato con una insegnante e la preside che hanno poi segnalato il fatto alla magistratura.

Inizialmente la pena per il caso in questione era stata lieve, ovvero un anno e dieci mesi di reclusione in merito a reato di maltrattamento. La Suprema Corte, ha stracciato la sentenza, chiedendo il processo del padre con rito ordinario senza possibilità di patteggio della pena; per maltrattamento e violenza sessuale, esprimendo totale contrarietà alla “comprensiva” sentenza precedente, che rinviava la condotta dello sposo ad una “modalità maltrattante che ha radice nella formazione culturale del paese di provenienza”; escludendo in tal modo la responsabilità del padre nell’acconsentire gli abusi sessuali del genero nei confronti della figlia.

Ma la cosa più grave è che la Cassazione ha dichiarato che il Gup era al corrente del fatto che esistevano agli atti dichiarazioni della minorenne dai quali risulta una reiterazione delle sopraffazioni sessuali dovute alla convinzione che il fidanzamento organizzato dal padre e il successivo matrimonio fosse funzionale al dominio assoluto sulla ragazzina che subiva violenza sessuale. Oltre al padre, in un processo parallelo è stato condannato anche il genero di questi.

Ogni anno 60 milioni di ragazzine sono costrette a matrimoni contro la propria volontà. Forzate dalla famiglia e dal sostrato culturale, sono prigioniere del padre prima e dello sposo dopo. Private del sacrosanto diritto di vivere la propria giovane età in serenità, anche in Italia, 2 mila innocenti, come un pacco sono spedite nei paesi d’origine per consumare il macabro rituale.

Entro il 2020, il numero globale del fenomeno potrebbe toccare la cifra record di 140 milioni di pratiche sponsali. L’allarme è stato lanciato dall’Aidos, l’Associazione italiana donne per lo sviluppo, che durante una conferenza ha illustrato un quadro chiaro e preoccupante.

Tra le nazioni più colpite dalla barbarica piaga si registrano: il Ciad, la Guinea, il Niger, Mozambico, il Bangladesh e il Mali. Nei paesi appena citati, 1 ragazza su 10 sotto i 15 anni è già madre. Oltre al danno, anche la beffa. Secondo il rapporto dell’Onu, ogni giorno, “20 mila ragazze sotto i 18 anni partoriscono e 70 mila di esse perdono la vita per complicazioni durante la gravidanza”.

Da non sottovalutare il fatto che le bambine si possono acquistare anche in rete. Come si compra una sposa bambina? Facile, per qualche migliaia di euro si può avere in vendita una minorenne. Sono svariate le modalità, e anche in rete, con un paio di clik, piovono le “offerte”.
Le spose bambine, sono spesso moto piccole, possono avere otto, undici anni; vengono strappate all’infanzia, con un passaggio traumatico alla vita di schiave.

I dati della “conference on child marriage” organizzata dalle Nazioni unite, sono raccapriccianti: Spesso provengono da paesi come la Siria, dove il feroce conflitto produce “materia prima” per gli sciacalli e porci che le comprano. Perchè le vittime della guerra, non sono solo i morti o i feriti, ma anche i bambini, in particolare le femmine, che profughe o rifugiate, spesso orfane o con padri compiacenti, vengono messe all’asta online, alimentando il commercio. Una nota pagina Facebook – ora rimossa – offriva “Rifugiate siriane da sposare”.
I clienti potevano visionare le bambine con pochi veli addosso (alla faccia della morale islamica) e poi negoziare l’acquisto. E se la pagina è stata chiusa grazie alle proteste di alcuni attivisti, il commercio non ha avuto fine; le comprano soprattutto uomini dei paesi arabi, Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Giordania e Kurdistan; alcune vengono vendute direttamente nelle moschee.

In base alle norme sociali di questi paesi, vengono considerate potenziali spose, femmine inferiori ai 16 anni, l’Asia è il paese con i matrimoni più precoci, in Pakistan solo la metà della popolazione femminile si sposa dopo i 18 anni, mentre il 35% lo fa prima e il 15% prima dei 16 e anche 12 anni.

In Africa il primato lo detiene la Nigeria dove al nord con maggioranza musulmana, l’età media è 16 anni. I dati sono incerti, ma le Nazioni unite stimano per difetto che 15 milioni di spose bambine. Nemmeno l’occidente è immune, sono frequenti i matrimoni per procura o combinati a distanza in altri paesi con minorenni provenienti da paesi poveri, le cui bambine on hanno scelta o voce in capitolo, semplicemente vengono vendute alle famiglie e fatte sposare per procura, oppure gli uomini si recano sul luogo per contrarre il matrimonio che verrà riconosciuto dagli Stati Occidentali. Questi ovviamente non contestano e soprattutto non interferiscono con le “regole locali”.

Da anni è in corso una battaglia per una presa di posizione da parte di un occidente ipocrita che in virtù del “rispetto delle tradizioni” non muove un dito ed è complice, se non addirittura compiacente; del resto è un fenomeno che fino a 60 anni fa avveniva anche da noi, e il rispetto del corpo e della dignità femminile è ancora una questione aperta.

 

 

 

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