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Putin, Ilyin e il ‘nuovo’ nazionalismo russo

ottobre 4, 2015 • Agorà, Articoli, z in evidenza

 

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Redazione

Foreign Affairs del 20 settembre 2015 pubblica un saggio sul ritorno della Russia di Putin al nazionalismo tradizionalista e illiberale e alla rivalutazione ufficiale del filosofo Ivan Ilyin. Putin ed i sui principali collaboratori citano continuamente Ilyin nei loro discorsi. Il saggio di Ilyin ‘ La nostra missione’ fu regalato a tutti i governatori regionali come lettura consigliata per le feste di fine anno 2014.Ilyin è spesso citato e raccomandato anche da rappresentanti della Chiesa ortodossa Russa, persino dal capo del Partito Comunista Gennady Zyuganov.

Ivan AlexandrovichIlyinnacque in una famiglia aristocratica di Mosca nel 1883. D’intelligenza brillante, propugnò dapprima teorie anarchiche,poi si avvicinò ai riformisti liberali di Pavel Novgorodtsev. Nel 1922 di deportato dal governo bolscevico, insieme ad altri 160 intellettuali. Fuggì in Germania, dove divenne professore universitario e finì col diventare un ammiratore del fascismo nazionalista di Mussolini, poi di Hitler. Nel 1943 perse il posto all’Università, poco dopo riuscì a fuggire in Svizzera, dove morì nel 1953. Recentemente Putin ha fatto riportare in patria le sue spoglie, fra grandi onori..

Ilyin sostenne che la Russia è un’entità geostorica unitaria che fa parte delle nazioni euro-asiatiche legate insieme da una comune ‘spiritualità’. Nazismo, fascismo, nazionalismo russo sarebbero espressioni diverse ma simili di questo comune legame. Ilyin fu anticomunista e antidemocratico. Voleva per la Russia un percorso che portasse al rinnovamento spirituale della nazione e alla realizzazione della giustizia sociale sotto l’egida della Chiesa ortodossa e sotto un governo autoritario. Dopo la fine della guerra continuò a pensare che, nonostante gli ‘errori’ di Hitler e Mussolini, Francisco Franco in Spagna e Salazar in Portogallo avrebbero dimostrato all’Europa la superiorità del modello nazional-fascista.

Nel 1950 Ilyin, prevedendo che l’Unione Sovietica sarebbe caduta, scrisse il saggio ‘Le conseguenze mondiali di uno smembramento della Russia’, intendendo come Russia l’intera Unione Sovietica, erede del precedente Impero zarista . Ilyin pensava che la Germania avrebbe cercato di strappare ai Russi l’egemonia sull’Ucraina e sui Paesi Baltici, l’Inghilterra sul Caucaso e sull’Asia Centrale, il Giappone sulle coste del Pacifico. La perdita dell’Ucraina avrebbe posto le basi per successivi attacchi al cuore del territorio russo: per sopravvivere i Russi non dovevano assolutamente permettere all’Ucraina nessuna forma di indipendenza.

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Ilyin mise in guardia dai concetti di ‘democrazia’, ‘federalismo’e ‘libertà’ con cui l’Occidente avrebbe cercato di indebolire la Russia prima di darle il colpo fatale. Secondo Ilyin un paese grande come la Russia, esteso attraverso due continenti, non può che essere governato in modo autocratico.

Ilyin usò spesso nei suoi scritti l’espressione mirovayazakulisa, i retroscena del mondo, che implicitamente fa pensare a poteri occulti che complottano e manovrano gli attori politici, i governi. Questa stessa espressione è spesso usata da Putin e dai suoi sostenitori nei discorsi pubblici, oltre che dalla stampa filo-governativa.

Ilyin vide nella Chiesa ortodossa la guida spirituale indispensabile per la coesione dei popoli all’interno della Russia, che altrimenti rischiavano di suddividersi in staterelli deboli e sempre preda di ostilità reciproche. Putin dichiara continuamente che la Chiesa ortodossa russa ha un enorme ruolo formativo nel preservare la ricchezza delle tradizioni culturali, mantener vivi i valori morali immutabili, alimentare unità d’intenti nella popolazione, rafforzare i legami familiari ed educare i giovani al patriottismo e alla libertà. Ma quale libertà? Nella parole di Putin, ‘chi ama la Russia vuole la sua libertà, la libertà dell’intero paese, la sua indipendenza ed autonomia, la sua fusione unitaria di etnie e di culture, la libertà del popolo russo nel suo insieme di seguire le proprie credenze, di ricercare la propria verità, di esprimere la propria creatività e capacità’. Cioè la ‘libertà’ della nazione dall’egemonia esterna, non la libertà della persona.

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