MENU

A quando le “leggi fascistissime?”

maggio 3, 2015 • Articoli, z editoriale

11148411_1423212581320456_3883828881273317828_n

di Loredana Biffo

Pur non potendo esaudire la pretesa di una reale comparazione storica, non dobbiamo dimenticare che il fascismo dava segnali ben precisi di destrutturazione dello Stato liberale, ben prima delle “leggi fascistissime”, della svolta decisiva al totalitarismo, prima ancora dell’autarchia, dell’avvicinamento alla Germania nazista, delle odiose leggi razziali e delle deportazioni.

E’ necessario riflettere sulle precondizioni della nascita di una dittatura, non tanto per proporre paragoni tra ieri e oggi, che andrebbero visti con un occhio storico che richiede un’ulteriore passo, ma per individuare le inquietanti e innegabili analogie; si pensi al culto del leader, il primato del fare, la continua violenza politica, la deriva populistica, l’uso strumentale dell’informazione e dei mezzi di comunicazione, la repressione violenta legittimata dal consenso manipolato.

In Italia abbiamo un governo, che disponendo di forza autorizzata, cerca costantemente di sfuggire all’autorità legislativa e sostituire la volontà del popolo con la propria, questo è l’elemento costitutivo che ha prodotto la legge elettorale detta “porcellum”, che ora con l’italicum si appresta a mantenere e peggiorare in tutti i suoi aspetti.

Potrebbe sembrare che questo aspetto non abbia nessuna correlazione con le scorribande dei blak blok avvenute a Milano, ma riflettendoci le cose assumono un’altra luce. Infatti, è stata puntuale la replica di Angelino Alfano ministro dell’interno: “Più poteri ai prefetti per evitare manifestazioni a rischio nei centri storici”; in sostanza si tratta di divieti preventivi in base ad un non ben specificato “indice di pericolosità”. Sempre secondo l’lluminato ministro, l’ordine pubblico è un problema delle democrazie, facendo ovviamente riferimento ai fatti successi in America. Naturalmente la responsabilità primaria è nella famiglia, l’educazione e la scuola; Guai a parlare di “disastro sociale” e responsabilità politica.

Ma la cosa che più traspare da tutto ciò, è che questi fatti coincidono stranamente con un momento molto delicato, una china scivolosa che il paese ha imboccato con le riforme del lavoro, l’italicum, e le drammatiche conseguenze che determineranno politicamente e socialmente, verrebbe da pensare che questi episodi siano molto strumentali e funzionali a creare disegni di legge repressivi che saranno molto utili nelle future manifestazioni “spontanee” – perché di spontaneo nel modello blak blok è evidente che non vi è nulla – e conseguenti ai gravi disagi sociali che si aggiungeranno ad aggravare la situazione economica italiana, e per confermare gli intenti, alle contestazioni del premier a Bologna, sono partite le cariche della polizia, che in questo caso ha l’ordine di manganellare (sic).

Nel “contratto sociale” di Rosseau, la nozione di governo, va nella direzione più confacente alle democrazie mature, di “istituzioni”; un insieme di agenzie e filosofiche- politiche che le sottendono, capaci di “incattivire gli  esseri umani.
La sovranità risiede nel popolo, questa è inalienabile, e non si può cedere simile autorità a chicchessia, che si tratti di un monarca, un oligarca o di un rappresentante giuridicamente designato.
Un popolo è sempre e dovunque, quello che i suoi governanti lo rendono, si avranno allora, in ciascun contesto, dei malfattori, dei cittadini, dei combattenti e cosi via; secondo la natura delle istituzioni che detengono il potere politico in quel contesto. Naturalmente sarebbe auspicabile che gli individui acquisissero una maggiore “autocoscienza”, al fine di spostare l’attenzione su quanto sta dietro il comportamento della politica, percorso non semplice, in quanto implica un rapporto con gli altri, ovvero tra autocoscienze, ed è legittimo pensare che gli italiani siano molto avulsi da un tale processo evolutivo.

E’ proprio attraverso il concetto di “forza” che Cesare Beccaria formula un programma teorico di riduzione della violenza autorizzata, anche se, le sue argomentazioni derivano dal timore proprio nei confronti della possibile ascesa della violenza non autorizzata.
Il bene e il male non sono iscritti nella natura, né nella saggezza collettiva e meno che mai nella giurisprudenza, ma sono il risultato di decisioni prese da un’entità artificiale, lo Stato (Ferrajoli, 1989).

Stupisce (si fa per dire) che molti politici, pensino che le cosiddette “leggi speciali” siano la soluzione al problema. Dimostrano in questo modo, quanto la politica sia quella che forgia e alimenta la violenza, a partire da quella del linguaggio politico (e ne conosciamo il repertorio, purtroppo), all’incapacità assoluta di risalire all’origine del male che hanno la velleità di combattere.
Riflettendo sulla classe politica italiana e sull’incapacità di intercettare il malessere sociale, mi vien da dire che nulla è più pericoloso di una grande idea in un cervello piccolo, e che i violenti di Milano, non sono migliori, ma nemmeno peggiori dei loro governanti.

Print Friendly, PDF & Email

Comments are closed.

« »