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Majiid Nawaz: da brillante studente inglese ad arruolatore islamista, e ritorno

marzo 18, 2015 • Articoli, Medio Oriente, z in evidenza

 

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Redazione

Dopo anni di militanza islamista, Maajid Nawaz si dedica ora a contrastare la radicalizzazione islamista dei giovani, spiegando il proprio percorso in conferenze, articoli, libri (Radical: my journey out of islam extremism), e anche in un video (per vederlo clicca qui). La sua storia personale permette di analizzare le strategie di propaganda islamista dall’interno, di riflettere sui metodi di reclutamento, di capire perché hanno successo, e come si possono contrastare.
Maajid Nawaz è nato nel 1978 da una famiglia pakistana colta e agiata dell’Essex, Regno Unito. Sconvolto dall’orrore del genocidio dei musulmani europei in Bosnia e testimone di manifestazioni di razzismo in patria, a 16 anni entrò a far parte del gruppo rivoluzionario islamista Hizb-ut-Tahrir, che propaganda la rifondazione del Califfato retto dalla Shari’a, con colpi di stato violenti.
Nawaz era un adolescente intelligente e brillante, diventò rapidamente una figura prominente nel gruppo e si iscrisse al Newham College, dove divenne propagandista e reclutatore.
Le Islamic Societies universitarie sono ancora oggi i veicoli del più virulento islamismo fra i giovani inglesi. Ancora oggi all’Università di Westminster, per esempio, la Islamic Society ospita regolarmente nelle strutture dell’Università, in nome della libertà di parola, conferenzieri come Haitham al-Haddad, che sostiene tesi omofobiche, è a favore delle mutilazioni genitali femminili e predica che gli Ebrei discendono non da altri uomini, ma da scimmie e maiali.
Nawaz fu espulso dal Newham College quando un suo seguace uccise uno studente non-islamico al grido di Allahu Akbar’. Fu mandato a radicalizzare e reclutare studenti in Hizb-ut-Tahrir prima in Danimarca, poi in Pakistan, quindi in Egitto. Nel 2001 fu arrestato dalla polizia segreta di Mubarak in Egitto. Gli anni di carcere furono per Nawaz un periodo di profondo ripensamento, fino al rinnegamento della narrativa e degli ideali islamisti. Capì che l’islamismo è una deviazione dell’Islam, che sfrutta la religione per fini puramente politici e le emozioni dei giovani in crisi di identità per trasformarli in fanatici pronti all’assassinio.
Uscito dal carcere, fondò Quilliam (vedi), think tank anti estremista impegnato nella diffusione di una narrativa degli eventi alternativa a quella islamista.
Nawaz ritiene che i movimenti estremisti di tutti i colori – islamisti, anti-islamisti, neonazisti, xenofobi – sono esempi eclatanti del fenomeno che il New York Times definisce “era del comportamento”, per cuil’identità è definita non tanto dall’ambiente in cui si vive, ma da idee e narrative condivise da milioni di individui a livello transnazionale.  I movimenti sociali transnazionali superano i confini sfruttando internet e usando le tecnologie più avanzate a fini propagandistici e organizzativi. Movimenti che sarebbero isolati e di portata modesta confluiscono così in una corrente unica, di portata globale. Nawaz ricorda di aver imparato a usare i computer, le email, internet, ai tempi della sua prima militanza nel gruppo Hizb-ut-Tahrir. Per illustrare la portata globale dei movimenti estremisti, sconnessi dalla logica dello stato-nazione, ricorda la preparazione dell’attentato terroristico di Natale 2009, sventato per la reazione dei passeggeri. Anwar al Awlaki, mente del piano, americano naturalizzato yemenita, basato in Yemen, aveva dato istruzioni a Umar Faruk Abdulmutallab, nigeriano, studente a Londra, addestrato in Yemen, affinché facesse esplodere un ordigno a bordo di un aereo partito da Amsterdam e diretto negli Stati Uniti. Il padre dell’attentatore, direttore della Banca di Nigeria, aveva scoperto il piano del figlio e avvertito la CIA, che aveva tuttavia ignorato la portata del rischio. Secondo Nawaz, ci troviamo di fronte a una ‘vecchia mentalità’ al potere – la CIA – che non capisce il pericolo della ‘nuova mentalità’, quella dei movimenti sociali transnazionali.
Gli islamisti puntano a reclutare soprattutto giovani intellettuali, studenti in prestigiose università occidentali, più istruiti della media della popolazione occidentale. I reclutatori sono spesso scienziati, ingegneri, medici. Lo stesso Nawaz fu reclutato da un medico, neolaureato in un college londinese.
Recentemente l’opinione pubblica occidentale è stata sconvolta dallo scoprire che Mohammed Emwazi,Jihadi John, il boia dei video dello Stato Islamico, è cittadino britannico, laureato in informatica all’Università Westminster di Londra. Le istituzioni accademiche britanniche sono infiltrate da estremisti da anni: si tratta della versione islamista dell’entrismo, tattica ideata da alcuni gruppi trotskisti della IV Internazionale che teorizza la necessità di entrare nelle istituzioni e nei partiti per modificarli dall’interno, in funzione dei propri obiettivi.
Abili arruolatori, gli islamisti descrivono gli eventi come prove del fatto che l’Occidente è in guerra con l’Islam e con gli Islamici, che potranno difendersi e salvarsi soltanto ripristinando il Califfato. Questa interpretazione ha facile presa su giovani musulmani in crisi di identità, alla ricerca di certezze e di un ambiente amicale che dia loro piena accettazione.
Nella seconda parte del suo video, Nawaz spiega perché i movimenti estremisti hanno tanta presa sulla popolazione nel mondo musulmano, contrariamente ai movimenti che promuovono la democrazia. I movimenti estremisti sono caratterizzati da quattro aspetti ben definiti:
pochi concetti semplici per definire la causa in cui si crede; una narrativa ripetitiva e costante  nel far propaganda per divulgare le idee; l’uso di simboli che suscitano emozioni immediate e leader che si pongono come privi di dubbi e di paure: invincibili.
La forza dei movimenti estremisti sta proprio nel presentare messaggi radicali con semplicità elementare. Questo approccio affascina i giovani. Al contrario il principio del dubbio, che è alla base del rispetto dell’altro e dell’accettazione del processo democratico, richiede maturità emotiva per essere apprezzato.
Ma l’aspetto fondamentale del successo dei gruppi estremisti è la presenza di un sostrato culturale che genera la richiesta di risposte basate sull’Islam, grazie a una predicazione quasi secolare diffusa e costante nelle popolazioni. La predicazione islamista è stata iniziata dalla Fratellanza Musulmana già negli anni Venti fra le élite arabe. Da allora si è radicata, attraverso la predicazione nelle moschee, tanto da essere considerata la “norma” e risvegliare una diffusa richiesta di islamismo nelle società musulmane in tutto il mondo, anche là dove non si esprime in modo violento.  L’evoluzione delle ‘primavere arabe’ ne è la prova: l’Occidente le ha considerate richieste di democrazia, ma ne ha dato una interpretazione errata, come spesso accade quando si tenta di interpretare gli eventi del mondo islamico in chiave culturale e politica occidentale. In realtà la maggioranza delle popolazioni in rivoltachiedeva islamismo, teocrazia, non democrazia.
Nawaz ritiene che per invertire la rotta occorre che la popolazione inizi a chiedere democrazia. Per questo ritiene occorra costruire un movimento transnazionale, guidato da giovani, che si impegni a promuovere la cultura democratica e che presenti la democrazia non come mera scelta politica, ma come esigenza civile. Il fine è far votare i cittadini in una democrazia e non per la democrazia.
In Pakistan Nawaz ha fondato il movimento Khudi, che si propone di contrastare l’estremismo e incoraggia i giovani a sviluppare sul campo la domanda di cultura democratica. È una piattaforma di promozione del pluralismo, del pensiero critico, del rispetto della diversità. La speranza è che movimenti simili nascano e si espandano, perché sorga dal basso un’alternativa all’islamismo e alla radicalizzazione delle società musulmane.

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